Piove sulla Juve. Basta la parola e giù critiche: che le faccia un tifoso o qualche giocatore strapagato. Ora tira il trend: l'ex che sbatte la porta. Cambiano i tempi. Tanti ricorderanno i fasti bonipertiani: era ben difficile che, in uscita dalla Signora, qualcuno alzasse la voce. Anzi: apprezzamenti allo stile Juve... con quel che ne conseguiva.
Così pure quando Giraudo e Moggi tenevano il timone. La Juve lasciava buoni ricordi. Oggi, invece, sembra un tiro a segno: ci vanno di mezzo Agnelli e Allegri, ma soprattutto l'immagine di un club. Come dire: dai fasti ai nefasti. Esemplificativi i mugugni a cielo aperto partiti da Cristiano Ronaldo. Vabbè non proprio esemplare, ma CR7 fa sempre caso a parte. Poi è stato un susseguirsi di saluti con postilla critica: Dybala, De Ligt, Zakaria, Ramsey, ultimo Kulusevski che ha raccontato alla Gazzetta di sentirsi un uomo nuovo, gli è tornata la voglia di giocare a calcio. Dichiarazione stravagante per uno che incassa fior di milioni. E non dite che i giocatori sono esseri umani, non robot. Sono robot solo quando vanno all'incasso. Che poi il calcio inglese sia più adatto ad un muscolare come lui, ci sta.
Ma, a prescindere dalle effervescenze oratorie, colpisce il fuoco concentrato sulla Juve come fosse diventata incapace di gestire danari, calciatori e perfino gli allenamenti ad ascoltare Kulusevski ed anche De Ligt. Poi c'è chi resta, ma fa intuire che in nazionale gioca meglio: leggi Vlahovic, così geniale da finir sempre in fuorigioco almeno sul campo. Ed anche nel fuori campo. Insomma non è più la Juve di una volta, l'abbiamo capito.
Ha preso qualche cantonata di troppo. Ma i giocatori dovrebbero parlare con i fatti. In Italia i fatti hanno parlato contro. Valga il caso Dybala: ci dice che serve anche la testa, non solo la tecnica, per essere giocatori top.
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