"Purtroppo non c'è grande speranza di ritrovarli vivi. Sono quasi certo che siano morti travolti da una valanga di blocchi di ghiaccio che sono in cima allo sperone". A dirlo in un'intervista al Messaggero è Reinhold Messner, l'alpinistra italiano che nel 1970 ha perso la vita il fratello mentre scalavano il Nanga Parbat, lo stesso monte dove domenica sono scomparsi Daniele Nardi di Sezze e il collega inglese Tom Ballard.
Secondo Messner se i due aplinisti "fossero in una tenda, o magari in un crepaccio, con un buon sacco a pelo, potrebbero resistere 10 giorni, forse due settimane". "Il vero killer - spiega - in queste situazioni è la disidratazione causata dall'alta quota. Si deve bere, e per bere si deve fondere la neve. Bisogna avere una buona scorta di bombolette di gas per il fornello". Messner, al contrario dell'alpinista himalayano Simone Moro, è convinto che "a una quota più alta, con meno ossigeno e con un freddo più intenso, i giorni di sopravvivenza diminuirebbero" e, pertanto, se Nardi e Ballard fossero vivi e bloccati "sarebbe ancora più difficile aiutarli". E su di loro usa parole di grande elogio: "Tom Ballard è uno dei migliori alpinisti , ma prima del Nanga Parbat non aveva mai scalato in Himalaya. Daniele Nardi invece ha una grande esperienza ad alta quota"."L'arte dell'alpinismo, da secoli, consiste nell'affrontare pareti difficili cercando di aggirare i luoghi dove il pericolo è più forte.
A volte invece, per affermarsi, degli alpinisti vanno a cercare apposta itinerari pericolosi. Un alpinista esperto - conclude Messner non lo dovrebbe fare. Andarsi a mettere sotto quei saracchi, quei blocchi ghiaccio, si rischia la vita, specie d'inverno è un suicidio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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