Più di 4 milioni di persone vestite di bianco e azzurro, i colori dell'Argentina, ieri sono scese in piazza per celebrare il terzo titolo mondiale dell'Albiceleste. Strapieni di folla l'Obelisco e la Plaza de Mayo mentre la 25 de Mayo, un'autostrada da cui passava l'autobus scoperto di Messi e compagni, è stata invasa da decine di migliaia di «fanáticos» dopo che l'AFA, la federazione calcistica del paese del tango, aveva annunciato che i giocatori avrebbero salutato ad un incrocio. Per la troppa folla e la pessima organizzazione statale, con tutta Buenos Aires bloccata e la metropolitana chiusa, alla fine molto pochi ieri sono riusciti a vedere i loro campioni. Il bus (5 giocatori che erano sul tetto del pullman hanno evitato in extremis di essere fulminati dai cavi dell'alta tensione del tram) non ce l'ha fatta a raggiungere né l'Obelisco né Plaza de Mayo.
L'autobus scoperto dell'Albiceleste non ha così potuto percorrere il percorso che era stato programmato, tanto da rendere necessario il trasbordo in elicottero che è avvenuto, «per ragioni di sicurezza», in una base militare. Alla fine, in serata, la comitiva è giunta alla sede dell'AFA (il cui presidente, Chiqui Tapia, si è scusato per «non aver potuto salutare tutte le persone che erano all'Obelisco») per la cena di gala con famigliari e dirigenti.
Niente visita invece di Messi&Co. alla Casa Rosada, dove li aspettava impaziente il presidente Alberto Fernández, non molto amato da gran parte dei campioni del mondo che hanno così evitato di farsi strumentalizzare.
Il kirchnerismo al governo, ovvero l'ala più sinistrorsa del peronismo, aveva infatti predisposto ieri una studiata «operazione di propaganda» perché i campioni salutassero la folla accorsa dallo storico balcone adorato da Juan Domingo Perón, Evita e, naturalmente, dalla vicepresidente Cristina Kirchner, condannata qualche giorno fa a 6 anni di carcere per corruzione. Messi ha dunque fatto un pernacchio al gotha kirchnerista che, in tutta risposta, ha cominciato a festeggiare sui social... Maradona.
I campioni del mondo tornati ieri a Buenos Aires hanno «trascorso 34 giorni, 816 ore lavorando e allenandosi», sottolinea il celebre giornalista Eduardo Feinmann «e rappresentano un esempio perché la nostra leadership politica veda cos'è la dedizione, lo sforzo e il lavoro necessari per migliorare la nostra società».
«È destino che l'Argentina vinca i mondiali quando c'è bisogno di fare distrarre el pueblo da problemi ben maggiori» si sfoga Giuseppe «Juan» Abrate, un pensionato i cui bisnonni emigrarono dalla provincia di Cuneo. Oggi in Argentina la povertà sfiora il 50%, con quasi 20 milioni di persone indigenti.
Il paradosso è che l'Argentina potrebbe produrre cibo per 400 milioni di persone.Bene dunque il trionfo in Qatar ma che non serva a dimenticare la realtà di un paese che, dopo la festa di ieri, deve affrontare il dramma del suo pueblo.
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