Derby tra Usa e Arabia. Ma non è più guerra solo tra vecchie glorie

Caccia a stelle in "disarmo" come CR7 e Messi e pure a top player in carriera: tocca a Neymar

Derby tra Usa e Arabia. Ma non è più guerra solo tra vecchie glorie
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C'era una volta la Cina e prima ancora il Giappone. Da sempre il calcio e i calciatori sono stati mezzi di comunicazione di massa per i Paesi in via di sviluppo, e ovviamente molto ricchi. Grandi firme e grandi ingaggi per progetti mai realizzati: il sole è tramontato in fretta, altro che Levante. Questa è invece l'estate dell'Arabia Saudita, cui non mancano certo i soldi e gli obiettivi, la Vision 2030 come la definiscono loro, organizzare il Mondiale e attrarre capitali, investire il denaro del petrolio per ricavare denaro dal turismo, ripulirsi l'immagine con lo sport e chissenefrega dei diritti umani.

L'accordo che Messi ha sottoscritto coi sauditi e che il New York Times ha svelato al mondo ne è l'esempio più illuminante. Ad andarci a giocare e a vivere, Leo non ci ha proprio pensato, nonostante i 400 milioni l'anno che gli avrebbero dato. Meglio la vita e la libertà di Miami. Ma l'accordo triennale per 25 milioni complessivi, in cambio di una vacanza all'anno e qualche post sui social, fa cassa e non impegna, se non ovviamente a dribblare tutto ciò che riguarda gli abusi del regime saudita.

Dietro la voglia del NYT di spulciare nel business di Messi, non c'è solo la ben nota e apprezzata capacità d'inchiesta del quotidiano americano, ma anche un'angolazione differente della «guerra» che la lega calcistica Usa ha mosso ai petrodollari sauditi. Là ingaggi inarrivabili, qua opportunità di vita ineguagliabili. L'ideale per finire le gloriose carriere europee, chiedere a Beckham e Pirlo, Djorkaeff ed Henry, gli ultimi Chiellini e Bale.

Ora però il quadro sta cambiando, perché sia la MLS sia la Saudi Professional League non guardano solo alle vecchie glorie, atleti all'ultimo contratto tipo CR7 o l'ultimo Pallone d'Oro Benzema (200 milioni netti per 2 anni, 20 volte tanto quanti ne ha guadagnati nell'ultima stagione al Madrid), ma puntano a giocatori che avrebbero ancora molto da dire nel calcio che conta, tipo Hazard e Isco la MLS (che poi corteggia anche Di Maria, Busquets e James Rodriguez), piuttosto che Verratti o Ruben Neves (già preso dal Wolverhampton per 55 milioni) la SPL, ma a Riad sarebbero pronti 250 milioni all'anno per convincere Neymar a lasciare Parigi.

Ceferin dice che quello saudita non è un buon modello di sviluppo, per il quale servirebbero altre basi. Eppure gli arabi per alzare il livello del loro campionato, inseguono anche gli allenatori, come già fu fatto in Cina e Giappone. C'era Garcia, esonerato, sono stati contattati Mourinho e Allegri: sarebbe bello che dietro i loro rifiuti ci siamo stati anche motivi etici.

Opportunità per i calciatori, ma non solo. È proprio un nuovo mercato che fa comodo anche ai club, perché gli obiettivi di sauditi e americani sono spesso giocatori con contratti onerosi e ingombranti, con la possibilità di realizzare anche un guadagno e non solo un risparmio. Pensiamo all'Inter con Brozovic: dove lo trova in Europa un club che rileva il triennale del croato a 6 milioni netti? Se invece il giocatore accetterà di giocare a Riad, l'Inter incasserà persino 25 milioni e potrà acquistare Frattesi (o Milinkovic Savic).

Anche il Chelsea (che nelle 2 ultime sessioni di mercato ha speso 560 milioni) spingerebbe volentieri i suoi esuberi verso l'Arabia Saudita. Ci ha provato con Lukaku (che ha rifiutato), ora tenta con Koulibaly, Ziyech e Aubameyang.

Dietro al patron Boehly c'è anche il fondo sovrano Pif (proprietario del Newcastle), che ha quote nei principali club sauditi e che favorirebbe le trattative a suon di milioni, per il malcontento degli altri club di Premier.

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