I "gemelli diversi" di Francia e Croazia

Didier Deschamps e Zlatko Dalic, così diversi e allo stesso tempo così simili. Gli allenatori di Francia e Croazia, entrambi cinquantenni, hanno la possibilità di vincere il loro primo trofeo da c.t. dopo svariati successi a livello di club

I "gemelli diversi" di Francia e Croazia

Didier Deschamps vs. Zlatko Dalic. A giocarsi il titolo mondiale, e con esso la possibilità di entrare nella storia del calcio, sono due c.t. che provengono da percorsi e storie abbastanza diverse. Deschamps allena la Francia da sei anni, mentre Dalic si è seduto sulla panchina croata soltanto qualche mese fa. Didier è stato un centrocampista di livello mondiale, Dalic ha giocato come mediano in Croazia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina. Il francese ha perso una finale di Champions League: idem Dalic, ma asiatica. Uno dei vari punti in comune che, un po' a sorpresa, legano il generale francese al condottiero croato.

"Didì la chance"

Didier Deschamps, soprannominato "Didì la chance", è la storia del calcio francese. Non tanto per ciò che potrebbe essere ma per quello che è stato, tanto da calciatore quanto da allenatore. La sua vita avrebbe potuto scorrere su binari diversi. Nato e cresciuto a Bayonne, nella Francia del sud dove le contaminazioni con la cultura dei Paesi Baschi sono fortissime, da ragazzo Didier coltiva la passione per calcio e rugby. A 15 anni capisce di dover prendere una decisione definitiva: sceglie il pallone e con esso il contratto offerto dal Nantes. Didier impiega due anni per farsi notare dalla prima squadra del club della Loira, con cui debutta a 17 anni e colleziona 111 presenze in quattro stagioni, quando spicca il volo verso il Marsiglia. Il c.t. francese Platini lo convoca in nazionale, lui si toglie la soddisfazione di vincere con l'OM tre scudetti di fila, oltre a un quarto revocato per un tentativo di combine realizzato dal club marsigliese. A 26 anni si trasferisce alla Juventus dove vince tutto ciò che si può vincere, compresi tre titoli e la Champions League 1995/1996. Quindi gioca per Chelsea e Valencia, fino al ritiro a soli 33 anni: troppo forte il richiamo della panchina, troppo ghiotta l'opportunità di lavorare in Costa Azzurra.

La sua carriera da allenatore inizia nel 2001, al Monaco. Nella sua prima stagione da tecnico arriva solo 15°, il club del Principato ha pochi soldi in cassa e tutto sembra far pensare a una seconda annata disastrosa. Non è così, Deschamps arriva secondo e conquista la Coppa di Lega. Il club viene prima retrocesso in Ligue 2 per problemi finanziari, poi ripescato. Deschamps s'impone all'attenzione del calcio europeo trascinando il Monaco alla finale di Champions League persa contro il Porto di un altro tecnico emergente, il portoghese José Mourinho. Dopo l'esonero nel settembre 2005, la Juventus gli affida la panchina nel dopo-Calciopoli. Deschamps fa il suo dovere, riportando subito in A i bianconeri ma non scocca la scintilla e a fine stagione se ne va. Due anni dopo torna al Marsiglia, stavolta come allenatore: sono tre stagioni meravigliose, condite da un scudetto, tre Coppe di Lega e due Supercoppe di Francia. La Federazione gli propone la panchina della nazionale: accetta. Il resto è storia recente. Deschamps ricostruisce la nazionale uscita sfibrata dalla gestione Domenech. Porta la Francia ai Mondiali del 2014, dove esce ai quarti per mano della Germania, mentre due anni dopo perde la finale degli Europei con il Portogallo. Il suo gioco è arioso ma attento alla fase difensiva. Insomma, à l'italienne.

Dalic, il c.t. "per caso"

Un altro che gioca all'italiana è Zlatko Dalic. Fino all'altroieri, lo conoscevano soltanto in Croazia. Oggi è sulla bocca dei tifosi e degli addetti ai lavoro di tutto il mondo. Analizzando la sua carriera da giocatore, risulta complicato persino provare a metterlo sullo stesso piano del suo omologo francese. Il suo percorso da calciatore professionista è stato piuttosto anonimo. La squadra più importante della sua carriera è stata il Varteks di Varazdin. Due le esperienze al di fuori della Croazia: Velez Mostar (Bosnia-Erzegovina) e Buducnost Podgorica (Montenegro). Per il resto, un curriculum sbiadito e con poche presenze. Forse è stato proprio questo a motivare Dalic - nato nel 1966 a Livno, piccola località jugoslava a metà strada tra Bosnia-Erzegovina e Croazia - a spingersi oltre come allenatore, ritagliandosi svariate soddisfazioni la maggior parte delle quali lontano dai Balcani.

La sua carriera da tecnico inizia proprio al Varteks (2005-2007), che trascina il primo anno alla finale di Coppa nazionale. Dopo le esperienze sulle panchine di Rijeka, Dinamo Tirana - con cui vince una Supercoppa di Albania - e Slaven Belupo, l'ormai 44enne Dalic cambia vita e accetta l'offerta dei sauditi dell'Al-Faisaly. Nel 2012 è la volta dell'Al-Hilal, sempre in Arabia Saudita, con cui il tecnico croato vince la Coppa nazionale e sfiora lo scudetto, prima di trasferirsi negli Emirabi Arabi. A volerlo è l'Al-Ain, club ambizioso che sotto la sua guida conquista in tre stagioni campionato, Coppa nazionale e Supercoppa. La sua vita cambia il 7 ottobre 2017, quando la Federazione croata lo nomina c.t. al posto dell'esonerato Ante Cacic. Il momento è delicato, la Croazia deve vincere in Ucraina per qualificarsi ai play-off per il Mondiale. Dalic sistema alcune pedine, sbanca Kiev e successivamente porta tutti in Russia liquidando facilmente la Grecia.

Da allora la nazionale a scacchi biancorossi non si è mai fermata, facendo 3 su 3 nella fase a gironi ed eliminando nell'ordine Danimarca, Russia e Inghilterra. Il tecnico di Livno è stato bravo a dare ai croati la giusta dose di pragmatismo tattico (che non hanno mai avuto). Zlatko Dalic, il c.t. "per caso" che è diventato un caso.

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