Alla prima curva, l'Italia travolgente del girone si ritrova fuori pista. È la prima difficoltà autentica lungo la strada e si colgono i primi segnali di una reazione non sempre lucida ed efficace. Forse c'è anche un aspetto psicologico fin qui sottovalutato: e cioè è la prima volta che la Nazionale si ritrova nelle condizioni di giocare nel clima di dentro o fuori, mai conosciuto prima, mai vissuto. L'Austria ha la gamba giusta per non farsi imbottigliare, anzi per scoprire subito le difficoltà azzurre nell'uscire dalla pressione altrui e liberare le giocate offensive che trovano sbocco in un paio di occasioni col palo scheggiato da Immobile e il destro liftato di Barella prima del grande spavento col gol di Arnautovic cancellato per qualche centimetro di fuorigioco. Proprio in quella occasione si aprono crepe nel muro azzurro che segnalano un'altra fragilità non immaginata, figlia anche della voglia di forzare il blocco austriaco e di sprintare anche sui due binari laterali dove Di Lorenzo da un lato e Acerbi dall'altro non rappresentano il massimo della puntualità nel chiudere a doppia mandata gli accessi in area di rigore. Quando il gioco si fa duro, servono i più dotati di talento della compagnia azzurra per marcare la differenza. E sono Insigne e Berardi, i magnifici protagonisti del girone, a lamentare qualche errore tecnico di troppo: il napoletano non ha il destro ispirato, il calabrese patisce, forse anche psicologicamente, la presenza dalle sue parti di Alaba che gli toglie sicurezza e coraggio, non lo punta mai e qualche volta se lo perde anzi come succede in occasione del gol austriaco azzerato dal var.
Le correzioni in corsa di Mancini (Locatelli, Pessina, Belotti e Chiesa) aggiungono le energie indispensabili nei supplementari. Il cambio di passo utile è lo spunto di Chiesa sull'ultimo assalto di Spinazzola, Pessina chiude il conto.
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