«La vittoria è passeggera. La sconfitta è per sempre». Chissà se questa frase della tennista statunitense Billie Jean King ronza nella testa di Valentino Rossi, chiamato a decidere al buio sul suo futuro motociclistico. Il campionissimo si trova con le spalle al muro: arrendersi prima ancora di combattere, vale a dire ritirarsi senza neanche scendere in pista, causa la pandemia che ha bloccato il campionato, oppure continuare a correre con il rischio di perdere, cosa che il Dottore non può permettersi per il fatto stesso di essere il più grande motociclista degli ultimi 40 anni, se non di tutti i tempi.
«Sono in una situazione difficile», ha confessato Rossi in una chat organizzata da Yamaha, «la mia prima opzione è provare a continuare. La motivazione c'è, ma è importante capire il mio livello di competitività, perché nella seconda parte del 2019 abbiamo sofferto moltissimo e troppe volte sono stato lento. Avrei bisogno di 5-6 gare per capire se posso andare ancora forte, ma il problema è che non si corre. Nello scenario più ottimista si potrebbe tornare in pista ad agosto-settembre, ma devo decidere prima. Voglio continuare, ma devo prendere questa decisione senza fare gare».
Mentre l'ultimo contratto l'aveva rinnovato a scatola chiusa, sicuro della sua velocità, oggi Rossi si trova paradossalmente a prendere la decisione della vita con la testa piena di dubbi. Un campione del suo calibro non può permettersi di finire la sua stellare carriera nell'ombra.
Rinunciare in partenza non è nel suo Dna per cui è ipotizzabile il rinnovo per un anno. In fondo Rossi è il Motomondiale. Anche se non vince da 46 gare, l'ultimo titolo risale al 2009 e il decimo è sfumato sull'asfalto rovente di Sepang 2015 nel contatto con Marquez.
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