È la vittoria più strabiliante della sua carriera, e forse anche la più attesa e desiderata. Chris Froome, quattro volte vincitore del Tour de France, di una Vuelta e di un Giro d'Italia, è stato assolto ieri dal tribunale antidoping dell'Uci, la federazione mondiale di ciclismo. Dopo quasi dieci mesi di battaglie legali, a seguito del «risultato analitico avverso» riscontrato lo scorso 7 settembre alla Vuelta, è arrivata la sentenza: il corridore della Sky non ha violato alcuna norma antidoping.
Nella sue urine erano state trovate tracce di salbutamolo (principio attivo del Ventolin, un farmaco anti asmatico, ndr): 1190 nanogrammi, e non 2mila come sempre comunicato, contro i mille permessi. È stata proprio la Wada (agenzia mondiale antidoping) a riconoscere la buonafede del corridore, in seguito ad un'infinità di perizie scientifiche e diversi contraddittori legali tra le parti. «Un solo campione di urina non è un indicatore affidabile della quantità inalata», la spiegazione del tribunale.
«È una decisione importante per tutto il ciclismo spiega Froome più che soddisfatto - mai avuto dubbi su questo esito per il semplice motivo che non avevo fatto nulla di male: soffro d'asma dall'infanzia, conosco le regole per l'uso del farmaco per curarla. C'è voluto tempo, si è creata incertezza, sono grato al mio team e ai tifosi di tutto il mondo per il sostegno».
Giunge così al termine una vicenda che era iniziata il 13 dicembre scorso, quando i quotidiani Le Monde e The Guardian avevano rivelato l'esistenza di un risultato anomalo per un controllo antidoping di Froome durante l'ultima Vuelta di Spagna vinta proprio dal corridore britannico davanti al nostro Nibali. Una sentenza che arriva tempestiva e a poche ore dalla decisione del Tour di chiudere le porte in faccia al britannico perché non gradito.
La sentenza dell'Uci rende di fatto inutile il procedimento previsto per questa mattina alla Camera Arbitrale del Coni francese, alla quale la Sky aveva presentato appello dopo la comunicazione da parte di ASO gli organizzatori del Tour - di non voler accettare l'iscrizione di Froome, appellandosi all'articolo 29 del regolamento, in quanto la sua presenza nuoceva all'immagine della corsa.
Come non detto: Froome è graditissimo. Quindi sabato sarà regolarmente al via da Noirmoutier-en-l'Ile con il numero 1 sulle spalle. «È evidente spiega Christian Prudhomme, direttore del Tour - che bisogna cambiare le regole. Il Ventolin si usa o non si usa. O bianco o nero».
Tanto tuonò che tornò il sole, sul vero re di Francia. Un inglese, che da anni vince Tour, e fa girare gli zebedei ai transalpini più che ai tempi di Bartali. Ed è probabile che ai cugini girino ancora di più, dopo tutta questa vicenda: si mettano il cuore in pace e indossino dei mutandoni rinforzati per rallentare le vorticose evoluzioni delle gonadi.
Brutta storia, questa. Diciamo pure avvilente e sporca. Dove ne esce a pezzi l'immagine del massimo organismo mondiale dell'antidoping, la Wada, presieduta dall'inglese Sir Craig Reedi.
È grazie ad un regolamento farlocco e pieno di falle che siamo arrivati a questo punto. Dieci mesi di battaglie legali e uno stallo imbarazzante, dove nessuno aveva torto e tutti avevano le loro ragioni. Alla fine si è arrivati ad una sentenza: giustizia è sfatta.
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