PyeongChang - Stavolta ha esultato, a braccio teso, quasi con rabbia. Non aveva bisogno di guardare il tabellone dei tempi, sapeva benissimo di essere davanti, nel parallelo corri contro un avversario, non contro te stesso e il cronometro. Ester Ledecka entra nella storia così, in una grigia giornata di fine febbraio, in uno stadio affollato all'inverosimile, mai vista tanta gente ad una gara di sci alpino o biathlon o fondo, a questi Giochi. Certo, fra i maschi c'era in pista Lee Sangho, spinto dal tifo fino alla prima medaglia coreana della storia nello snowboard, ma tanti, tantissimi erano lì per lei, l'atleta della Repubblica Ceca che una settimana fa aveva fatto saltare il banco (e qualche nervo) al superG e che ieri ha dominato dalla prima all'ultima manche la gara di gigante parallelo con ai piedi non due sci, ma una tavola lunga e rigida. Medaglia d'oro in due sport diversi nella stessa Olimpiade: non era mai successo. Ester in Corea era venuta per stupire realizzando un sogno, quello di correre in due discipline diverse come lo sci e lo snowboard, i suoi grandi amori. Alle medaglie ci pensava, eccome, ma solo nella sua gara, che era quella di ieri, non certo quella di settimana scorsa. E dopo quel primo oro, si poteva anche pensare che non riuscisse più a trovare la concentrazione e la carica necessarie per andarsi a prendere l'altro, quello più atteso. Errore.
Ieri Ester ha ammazzato la gara ancora prima che cominciasse, ha annientato le avversarie con la sua presenza ingombrante, gli occhi erano solo per lei, per quella donna grande e grossa e per la sua tuta da Mazinga disegnata dal fratello, stesso stile di quella usata per sciare, ma disegno ancora più aggressivo. «E dire che dopo tutti i complimenti per il superG ho fatto fatica a rientrare nei panni della snowboarder e solo in gara mi sono sentita di nuovo la Ester che va forte e me la sono goduta...» dice con la stessa schiettezza con cui, nei giorni scorsi, aveva raccontato dei tecnici incontrati in passato, «quelli che mi ripetevano devi scegliere, sci o snowboard, e io rispondevo piuttosto scelgo di cambiare tecnico...».
Sembra quasi non realizzare, la ceca di 22 anni, il messaggio che la sua storia può trasmettere ai giovani. Glielo ricorda Lindsey Vonn, dopo aver ammesso che un'impresa del genere per lei sarebbe utopia pura, visto che l'unico sport in cui è brava è il suo sci: «I ragazzi di oggi hanno voglia di provare, di sperimentare, faticano a concentrarsi solo su una cosa e Ester ha dimostrato che è possibile aver successo anche senza focalizzarsi troppo». Da parte sua, Mikaela Shiffrin, tipico esempio di focalizzazione precoce, si dice entusiasta dell'impresa di Ester nel superG (che lei ha visto in tv), «perché ci ha dimostrato che se ci facciamo battere da una che fa anche snowboard c'è ancora un grande margine di miglioramento per noi sciatrici». Il difficile arriverà forse adesso per Ester, che sul podio, stringendo al petto il peluche di Soohorang, sembra una bimba, ma che dentro di sé ha un'ambizione e una determinazione da tigre, sì, proprio lei, la mascotte di questi Giochi. «L'unica certezza in questo momento è che mi sento molto stanca e non vedo l'ora di andare a letto, pensando al futuro però credo continuerò a dividermi fra sci e snowboard, uno aiuta a crescere nell'altro e non vedo perché dovrei impormi una scelta mai fatta».
Probabile che quella scelta ormai non spetti più a lei, e considerando quanto Ester
sia attenta anche agli sponsor (è forse l'unica atleta al mondo che porta sulla testa il marchio Coca-Cola), la sua vita sportiva dovrà continuare sui doppi binari. Volevi stupire Ester? Adesso sarà il mondo a stupire te.
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