È probabile anche oggi, giorno di riposo, che quei due continuino a seguirsi anche al bar per bere assieme un cappuccino all'aperto, rigorosamente. Remco Evenepoel e Egan Bernal, secondo e primo di questo Giro spumeggiante come pochi, riescono a rendere interessanti anche tappe come quella di ieri considerata di trasferimento. Un po' perché la tappa la voleva Peter Sagan, che non lascia nulla al caso e fa capire fin dal mattino che di fughe bidone lui non ne vuole lasciar andar via. «Questo successo è il frutto di un lavoro di squadra eccezionale. Oggi (ieri per chi legge, ndr) siamo finalmente andati forte e per me così è decisamente meglio. Quando si va troppo piano, come è successo nelle tappe precedenti, finite in volata, per me diventa più difficile misurarmi con gli sprinter puri. Oggi invece qualcuno si è staccato, qualcun altro si è stancato e alla fine io li ho messi tutti in fila», dice lo slovacco che ha seccato allo sprint Fernando Gaviria e il nostro Davide Cimolai.
Per fortuna che c'è Sagan, che rende anche le tappe più banali succulente. E poi ci sono loro, questi due piccoli grandi fenomeni di Bernal ed Evenepoel, che nonostante davanti ai loro nasi ci siano ancora dieci giorni di grandi fatiche e soprattutto di grandi montagne, se le danno di santa ragione, correndo e rincorrendosi per un pugnetto di secondi.
Succede ad una ventina di chilometri dal traguardo, in località Campello sul Clitunno, dove è posto un traguardo volante che vale qualche spicciolo di abbuoni: 3, 2 e 1. Poca roba. Eppure, quando meno te lo aspetti, ecco gli Ineos muoversi con Filippo Ganna che pilota la maglia rosa e re del Tour 2019 Egan Bernal a tutta velocità verso il traguardo volante. La maglia bianca Evenepoel inizialmente è sorpresa, fatica a tenere il passo, poi prese le misure prosegue la sua azione da solo, rintuzzando da par suo e in prossimità del traguardo, quando sembra fatta, ecco però che entra in azione l'altro Ineos Jonathan Narvaez che corre in aiuto di Bernal e scippa i 3 al bimbo belga che in ogni caso rosicchia 1 alla maglia rosa e alla fine gli tende pure sportivamente la mano. Gesto inusuale, come non è usuale vedere i due che si giocano il Giro sui traguardi volanti. «Con tutto quello che ci aspetta, con tutte le montagne che dobbiamo ancora scalare, questi lottano per i secondi... mah...», si domanda alla fine un docente in materia come Vincenzo Nibali.
È un Giro così, corso con spirito libero e lontano dal tatticismo più esasperato e tossico. Chiaro, da domani nell'11esima tappa - da Perugia a Montalcino - la musica non dovrebbe cambiare, anzi.
È una frazione a quattro stelle, di appena 2000 metri di dislivello ma con ben 35 km di sterrato negli ultimi 70, distribuiti in quattro settori. È la tappa del vino, ma ci sarà poco da brindare o degustare, se non alla fine.
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