Nel mercato in profondo rosso, con una proiezione dimmatricolato 2012 che riporta ai minimi di trentanni fa, risuona sempre più forte lallarme per i concessionari. Tra lincudine della crisi e il martello fiscale impugnato dal governo, il settore, che vede Unrae e Federauto invocare incentivi e la ferma contrarietà di Sergio Marchionne, appare già in pieno shake-out. E almeno due dealer su dieci rischiano di chiudere, allungando la lista dei 10mila addetti che questanno potrebbero perdere il lavoro.
«Ai colleghi - afferma Tony Fassina, ex pilota, patron dellomonimo gruppo proprietario di una trentina di saloni - dico di resistere. La formula magica non cè, ma lesperienza insegna che il valore dello stock di prodotto non deve superare il 15% del giro daffari. Debito sotto controllo, costi mai oltre la soglia del 7% e obbligo di valorizzare lusato: a differenza del nuovo, infatti, ogni vettura rappresenta un caso a sé. E poi, tutte le voci del business devono poter contribuire in positivo al bilancio». Dallofficina ai ricambi, dalla vendita di finanziamenti e assicurazioni alla gestione finanziaria. Così il gruppo Fassina, 400 dipendenti, un fatturato prossimo ai 380 milioni annui e interessi anche in campo immobiliare e finanziario, regge alla congiuntura: «Riusciamo a tenere le posizioni pure perché, quando potevamo crescere, abbiamo preferito consolidare e ora non siamo costretti a ridurre il personale. Inoltre, abbiamo sempre puntato sulla soddisfazione dei clienti. Soffrono soprattutto i marchi di lusso, come McLaren e Infiniti, il cui venduto si è più che dimezzato, e certo non giova la criminalizzazione delle auto di alta gamma, che, insieme alla mannaia fiscale, ha messo ko le motorizzazioni 3 litri». E pure lusato di grossa cilindrata, con i proprietari che fanno la fila per disfarsene.
«Oggi il numero di chi vuole vendermi la sua auto - conferma Giorgio Boiani, dealer Fiat di Lecco e consigliere dellassociazione Asconauto (la rete presieduta da Paolo Strabello conta oltre 700 dealer riuniti in 18 consorzi attivi nel mercato dei ricambi originali) - è di gran lunga superiore a quello dei potenziali acquirenti. Le vendite delle auto nuove, peraltro, sono soggette alle politiche delle case, che fissano i margini e le spese obbligate in ragione delle promozioni. Ecco allora, per sopravvivere, la continua rincorsa a colmare il gap: lo si può fare con lusato, il postvendita e la gestione dei ricambi». Ciò su cui si concentra Asconauto, capace nel 2011 di un giro daffari di 325 milioni, in crescita del 12,5%: presidia circa il 40% del mercato del ricambio e le prospettive sono buone, se è vero che la crisi spinge gli automobilisti ad allungare la vita delle proprie vetture. «Associarsi può aiutare a passare il guado». I dealer, però, accarezzano il sogno degli incentivi, «anche modesti - aggiunge Fassina - e magari legati alle emissioni. Una boccata dossigeno soprattutto per quanti hanno investito molto nelle proprie aziende e pure per chi, sottocapitalizzato, oggi vede le banche lasciarlo fallire».
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