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Formula 1: trenta anni dalla morte di Enzo Ferrari, da Berger a Vettel.

L'ultimo pilota scelto direttamente dal Drake lo ricorda e Vettel si rammarica di non averlo incontrato, riconoscendo la magia che ancora oggi aleggia a Maranello grazie a lui.

Formula 1: trenta anni dalla morte di Enzo Ferrari, da Berger a Vettel.

Enzo Ferrari si spegneva a Modena trenta anni fa: partito da una frase “se lo puoi immaginare lo puoi fare”, la sua vita è stata la dimostrazione tangibile di quanta verità sia nascosta in questa frase cosi troppe volte sottovalutata.

Intanto, il ricordo di Gerhard Berger: il pilota austriaco è stato l’ultimo scelto direttamente da lui e, intervistato dal Corriere della Sera, ha descritto quel momento rimasto leggendario.“Mi chiamò il suo assistente Marco Piccinini, ero a casa ed era una telefonata che avevo solo sognato di ricevere una infinità di volte. Stava seduto, sorrideva. Disse: ‘avremmo piacere di averla con noi’. Dissi: ‘è ciò che più desidero da quando corro’. Chiese: ‘lei ha un manager, un avvocato?’ Non ne avevo. ‘Dunque, può decidere qui ora?’ Risposi: ‘certo’. Firmammo il contratto all’istante”.

Aneddoti che arrivano solo trent’anni dopo, perché conservati con una cura tale che è quella con cui si conservano i beni di un certo valore: “Vivrei lì giorno e notte, pur di non perdere un solo istante di vicinanza con Enzo Ferrari, ogni gesto, ogni parola, con attorno quell’atmosfera magica, fatta di cappuccini al bar, di persone prese da una passione straordinaria, di campane che suonano se una Ferrari vince. Quando sei giovane, non capisci a fondo, pensi a vincere e basta. Poi monta un rimpianto che non va più via. Sin dalle prime corse, nel 1987 venni accolto in quella famiglia leggendaria. Dopo una corsa o un test, pranzavamo insieme, c’era un piccolo tavolo dietro l’ufficio di Ferrari, stavamo lì a chiacchierare con Michele Alboreto, il mio compagno, Marco Piccinini e Piero Ferrari. Due argomenti fissi. Primo: le macchine. Secondo: le donne. Finito di discutere di tecnica, passava alle ragazze del paddock, era molto interessato al gossip da pista”.

Anche Vettel, interrogato dalla Stampa, ha rimarcato come queste emozioni rimangano tutt’ora a Maranello, in quell’azienda forgiata dalla mani del Drake che ne hanno permeato completamente l’essenza tanto da tenderla cosi speciale agli occhi di tutti ancora oggi: “La gente che lavora qui, indipendentemente dal ruolo che svolge, sente questa presenza e lavora con più passione.

È questo che rende speciale guidare per la Ferrari, che rende il Cavallino diverso da ogni altro team: la Ferrari è un mito per tutti, per me lo è stato da quando giocavo da bambino, e la macchinina rossa era sempre la mia preferita; o più avanti nel tempo, quando seguivo le gare di Schumacher con la Rossa. La Ferrari è un mito, e i volanti Ferrari in Formula 1 sono solo due, per cui considero un privilegio e un onore essere un pilota titolare della Scuderia”.

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