Williams, la Formula 1 del calcio

La storia di Nicholas Williams, potente come un fuoco d'artificio e letterario come la sua origine

Williams, la Formula 1 del calcio
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Viene dalla terra raccontata da Hemingway. Nicholas ha il cognome da formula 1, Williams è nato a Pamplona e ieri ha sparato il suo chupinazo, il razzo che per storia significa l'inizio della fiesta di San Firmino e l'encierro con la corsa folle dei tori per le strade della città. La sagra si è conclusa ieri sera a mezzanotte, gli inglesi ubriachi di birra e della toreada spagnola, Nico è la pepita imprevista nella miniera di un Europeo di carbone nerissimo, giocando per l'Athletic di Bilbao vive in platea mentre lo spettacolo sta a Madrid o a Barcellona. Da oggi il mercato parlerà e scriverà di questo ragazzo che ha origini in Ghana, suo padre, Felix, si trasferì con la madre, Maria, Inaki di otto anni e incinta di Nico, attraversarono il deserto, verso il Marocco, cinquemila chilometri di speranza e il camion che li trasportava, guidato da un membro di una banda di criminali, li abbandonò a metà del viaggio, nella canicola, senza cibo, senza acqua, Felix porta ancora le cicatrici di quel tormento. Vennero respinti alla frontiera spagnola, ritirati i documenti finirono in carcere. Si salvarono come profughi dalla guerra, Felix trovò lavoro come pastore, sua madre si adattò come badante e altre fatiche quotidiane per dare da mangiare ai due figli.

Felix trovò impiego in una ditta di Londra e toccò a Inaki provvedere al fratello, accudendolo come un padre fino al giorno in cui venne assunto dall'Athletic di Bilbao e incominciò un'altra storia, perché Nico seguì Inaki al campo e prese a giocare, a dribblare. E venne Berlino, venne la notte del trionfo. Il ricordo lontano della sabbia del deserto, la fame, il sogno diventato oggi una coppa da alzare al cielo. Hemingway ne avrebbe scritto un romanzo.

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