"Golpisti? No, disperati" Agnelli non arretra e difende la SuperLega

Prima l'affondo poi mezza apertura all'Uefa: "Basi legali fondate, ma troviamo una sintesi"

"Golpisti? No, disperati" Agnelli non arretra e difende la SuperLega

«Un grido disperato di allarme per un sistema che, consapevolmente o meno, si indirizza verso l'insolvenza». Questo, secondo Andrea Agnelli, è stato il tentativo di lanciare la SuperLega: «Non un colpo di Stato. Ho cercato per anni di cambiare le competizioni europee dall'interno, perché i segnali di crisi erano evidenti già prima della pandemia e il sistema concentra il potere in un monopolio. L'accordo tra i fondatori era condizionato al preventivo riconoscimento della competizione da parte dell'Uefa e della Fifa: la risposta è stata di chiusura totale con termini offensivi e metodi arroganti, indirizzata verso tre club». Ovvero Juventus, Real Madrid e Barcellona.

Nessun passo indietro, allora. E nemmeno parole di pentimento: Agnelli e la Juventus sono tuttora convinti di avere agito nei tempi e nei modi corretti, la qual cosa conferma una volta di più che si andrà allo scontro frontale. «Certe dichiarazioni hanno esercitato pressioni: non è con questo tipo di comportamenti che si riforma il calcio di fronte a questa crisi. Per fortuna, conoscendo il mondo Uefa, so che non tutti la pensano così». Quindi, l'affondo e una mezza apertura che non si capisce però a cosa possa portare: «Le basi legali che abbiamo sono fondate, ma il nostro desiderio di dialogo resta immutato perché è necessario trovare una sintesi». Che, per definizione, dovrebbe conciliare posizioni contrapposte: «Altri sport ci insegnano molto ha concluso Agnelli -. Penso per esempio all'Eurolega di basket che ha portato benefici all'intero movimento. Il modello va cambiato, è chiaro a tutti: Juventus, Real Madrid e Barcellona sono determinate a raggiungere una completa riforma delle competizioni europee, anche negli interessi di coloro che ci hanno confidato il loro appoggio».

In attesa di quel che sarà e ringraziato Pirlo («nessun fallimento, abbiamo vinto due trofei e ci siamo qualificati per la Champions»), ieri lo stesso Agnelli ha salutato un commosso Paratici rendendogli onore: «Sono stati undici anni fantastici. È arrivato da ragazzo e va via un uomo, istintivo ma altrettanto responsabile e soprattutto vincente. Ha gestito la Juve, se non nel momento più difficile della storia del calcio, in uno dei più complicati. Ora è il momento di intraprendere un percorso differente». In pratica, la riedizione dell'atmosfera che si era respirata quando era stato messo alla porta Allegri. «Abbiamo capito insieme che era giusto iniziare un percorso diverso. Il caso Suarez? Non siamo stati condizionati da situazioni esterne. E se anche avessimo continuato con Paratici, non ci sarebbero stati problemi con la nuova guida tecnica». Sulla carta, al solito, è tutto rose e fiori: è quanto prevede il copione e da quello non ci si sposta. «Se ci pentiremo in futuro come accaduto con Allegri? Bisogna ricordarsi il momento in cui si decide - ancora Agnelli -.

All'epoca era la decisione giusta da prendere, così come lo è quella di adesso». Paratici si consolerà probabilmente con Conte al Tottenham: la Juve ripartirà da Cherubini e da un Allegri più operativo che mai. In campo e fuori.

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