È tutto d'oro il 2024 di Monica De Gennaro. Tra il grande slam con Conegliano e l'Olimpiade con l'Italvolley, il libero azzurro è sempre più nella storia della pallavolo mondiale. Alla faccia della carta d'identità e di chi le aveva tolto la Nazionale, Moki si è confermata campionessa senza eguali nel suo ruolo. E ha ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare.
Un anno d'oro, nel vero senso della parola.
«Praticamente irripetibile, tra l'en plein con l'Imoco e l'oro olimpico con la Nazionale».
Cambiano le interpreti, ma Conegliano vince sempre.
«Sono orgogliosa di tutte le persone con cui abbiamo condiviso i successi della passata stagione e quelli della prima parte di quella in corso. Due gruppi straordinari, esaltati dal lavoro di uno staff che ha ormai creato una filosofia di gioco vincente e dalla lungimiranza della società, che riesce sempre a centrare gli innesti giusti, guardando non solo al valore tecnico ma anche alle doti umane. Noi giocatrici, poi, ci mettiamo del nostro in campo. Una ricetta vincente».
In Nazionale il suo percorso pareva concluso. Invece, ecco lo storico oro olimpico.
«Devo molto a Velasco, che ha creduto in me nonostante l'età e malgrado l'esclusione dall'Europeo 2023, quando in molti pensavano che la mia avventura in azzurro fosse finita. Mi ha voluta in squadra senza mai mettermi in discussione, dandomi la tranquillità che mi ha permesso di esprimermi al meglio».
Prima medaglia per il volley femminile, ultimo oro italiano a Parigi per pareggiare il record: siete state la copertina dei nostri Giochi.
«Ce ne siamo rese conto solo dopo la partita, perché durante il torneo abbiamo vissuto nella nostra bolla. Ovviamente abbiamo seguito il più possibile le gare degli azzurri, ma è normale che più passava il tempo e più ci concentravamo su noi stesse. Io, addirittura, non sapevo nemmeno che la nostra finale fosse l'ultima gara per l'Italia».
Velasco e Santarelli: come si lavora con due leggende del volley?
«Ciascuno di loro ha il suo metodo, entrambi vincenti. Non è semplice gestire spogliatoi come quelli della Nazionale e dell'Imoco, con giocatrici di altissimo livello e di grande personalità. La chiave del loro successo è la capacità di mettere in chiaro fin da subito i ruoli all'interno del gruppo».
Un marito come coach: che effetto fa?
«A Conegliano lavoriamo assieme da anni e la gestione del nostro rapporto è ormai consolidata. È strano, invece, giocare contro con la Nazionale. Era già successo quando allenava la Croazia, ma trovarlo con la Turchia da avversario in semifinale olimpica è stata un'emozione particolare, anche se dopo i primi scambi il focus era ovviamente solo sul match e non sulla panchina avversaria. A fine partita avevamo sensazioni contrastanti: io dispiaciuta per la sua sconfitta, lui felicissimo per la mia vittoria. Avrei preferito incontrarlo in finale, così almeno uno dei due avrebbe sicuramente festeggiato».
A casa si parla di pallavolo?
«Ovviamente capita di confrontarci e di parlare di volley: è il nostro lavoro, e come in ogni famiglia ci si racconta la giornata quando ci ritroviamo la sera. Ma riusciamo comunque a tenere distinti l'ambito familiare e quello lavorativo».
L'oro di Parigi vi ha portate sotto i riflettori.
«La soddisfazione più grande è stata tornare in Italia e percepire quanta gente che non conosceva la pallavolo si sia appassionata al nostro sport guardandoci giocare. Penso che chi faceva il tifo da casa abbia percepito la nostra gioia e le nostre sensazioni in campo, emozionandosi insieme a noi».
Meglio lei a Ballando con le stelle o Egonu a Sanremo?
«Per me nessuna delle due! Non mi sento a mio agio di fronte alle telecamere, magari ad alcune ragazze possono piacere ma io non mi sento tagliata per la televisione. Quella di Ballando è stata una serata diversa dal solito, ma preferisco lavorare in palestra e guardare le altre sul palco».
L'abbraccio con Egonu è stata una delle cartoline da Parigi.
«Paola da fuori può sembrare una ragazza forte e spavalda, ma in realtà è una persona molto sensibile. Conosciamo l'una le debolezze dell'altra e siamo legate da un'amicizia stupenda. Quell'abbraccio dopo la finale è stato il nostro modo di dirci che ce l'avevamo fatta: è stato bellissimo condividere una gioia così grande insieme a lei».
Donne vincenti, un esempio in un'epoca in cui violenza di genere e cultura del patriarcato sono ancora all'ordine del giorno.
«Oltre a noi, ci sono tanti esempi di donne di successo nello sport italiano. È la dimostrazione che siamo forti, che valiamo quanto gli uomini, se non di più. Noi atlete possiamo mandare un messaggio importante per le giovani che ci osservano, molto più potente di qualunque discorso o ideale politico».
Dopo tanti successi, c'è ancora qualche sogno nel cassetto?
«Dopo l'Olimpiade c'è stato un momento in cui mi sono detta: E adesso?. Ho la fortuna di giocare in un club come l'Imoco, dove si compete per vincere ogni trofeo, e ora che non sono più giovanissima voglio pormi un traguardo alla volta».
E al futuro fuori dal campo ci pensa?
«Non voglio guardare a lungo termine ma concentrarmi sul presente. Sicuramente, nella mia carriera ho vissuto davvero poco la famiglia: adesso vorrei godermela di più».
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