Tre passi verso la Champions league, adesso distante soltanto un punto. Tre passi che sembrano tre chilometri, fatti di corsa nella città, Verona, che regalò, a più riprese, cadute storiche dell'armata rossonera. Il Milan di Inzaghi piomba all'improvviso alle spalle del trio meraviglia grazie alle strepitose esibizioni balistiche di Honda e alle prodezze di Abbiati. Il primo, autentica rivelazione della stagione, confeziona due gioiellini in perfetto e spettacolare contropiede, il secondo, a dispetto dell'età e degli acciacchi che ogni tanto lo tormentano, difende, durante la curva più insidiosa della sfida, il doppio vantaggio e consente ai suoi di vivere al sicuro fino ai titoli di coda, sporcati dalla solita e inguaribile caduta di tensione e di attenzione. Qui però vale un'avvertenza generale per i lettori nostri e per quanti non abbiano informazioni complete su Verona-Milan di ieri pomeriggio: il risultato finale oltre che la sequenza dei gol, 3 a 0 dei berlusconiani dopo meno di un'ora, non è la conseguenza di un dominio netto, schiacciante, di un calcio geometrico tipo quello con cui la Roma spazzò via sabato sera il Chievo dall'Olimpico. No, qui la svolta matura su una sfortunata e spettacolare autorete del brasiliano Marques (su cross di Abate, la spina nel fianco destro) e da un successivo peccato di superbia del Verona. Che invece di attendere l'occasione migliore per risalire in quota, si lascia prendere dalla frenesia, scavando tunnel pericolosi alle proprie spalle. Si spiega forse così il coro-sfottò intonato dal tifo veronese: «Vincerete, vincerete il tricolor», come per dire non illudetevi. Nemmeno il più audace dei tifosi rossoneri può immaginare uno scudetto in fondo al torneo, persino il terzo posto è considerato da certi critici un traguardo complicato da tagliare.
Il Milan di Inzaghi è fatto così: se lo aspetti raccolto dietro la linea della palla, e gli offri l'obbligo di fare la partita, puoi pensare bene di ingigantirne i difetti, rimpicciolendo le virtù. Se invece, come il Verona di Mandorlini, ferito al petto, lo prendi alla gola, allora c'è il rischio concreto di farsi fare a fette dal contropiede, temibile come lama di rasoio. Da manuale l'azione che porta il Milan sul 2 a 0, grazie alla magia di El Shaarawy che vede smarcato Honda e lo serve con i giri contati, in mezzo all'area: c'è bisogno solo di colpire bene col piattone sinistro e di centrare la porta, operazione elementare per il giapponese dagli occhi di ghiaccio e che al massimo dell'eccitazione abbozza un timido sorriso. Se poi, nella seconda frazione, la stessa intuizione arriva dai piedi, non sempre forbiti, di Rami, spalancando al samurai la porta del 3 a 0, beh allora il successo, secondo consecutivo contro le due Verona, è bello e impacchettato e non c'è più tempo per rimediare. D'accordo, il Milan di Honda e Abbiati di sicuro non può concorrere con Juve e Roma, ma senza coppe, con l'organico completo a disposizione, e il recupero, ormai vicinissimo, di El Shaarawy, il ritorno a livelli consueti di De Sciglio, Abate, più il talento di Menez, ieri entrato a risultato in cassaforte, può dare filo da torcere alla nutrita compagnia dei rivali. Specie se accadono prodigi non previsti in natura: tipo la perfomance di Abbiati, 37 anni, oppure la risposta di Essien, chiamato in causa dopo mesi di inattività e trasformatosi, col passo del lumacone, in uno scudo protettivo per i suoi.
Certo, i limiti strutturali restano: 1) troppi i tiri concessi e non sempre Abbiati può volare come Yashin da un palo all'altro; 2) è bastato alla fine staccare la spina per concedere, gol di Nico Lopez a parte (date un'occhiata al ragazzo: si farà), al Verona l'occasione del 2 a 3 con Nenè. Senza una difesa più attenta, anche il miglior attacco del campionato (16 in 7 gare) può combinare poco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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