A Trafoi è tornata la neve e Gustav Thoeni sorride: «Poi verranno i caprioli che mi tengono a filo il prato, ma mi mangiano il pino mugo». Per ora è ancora inverno: alcuni coloratissimi bimbi si fanno trasportare dal tapis roulant sotto la chiesina: li è cominciato tutto anche per lui. «Noi, però, risalivamo a scaletta per battere il manto e tracciavamo con aghi di pino dei piccoli slalom, così la discesa durava di più». Simbolo per l'Italia e l'Alto Adige degli anni Settanta, campione senza averne l'aria, (anti)divo e oggi... nonno: «Tre figlie, ho più nipoti - sono 12 - che coppe. Tutti sciano, nessuno gareggia». Dal silenzio dello Stelvio al glam del circo Bianco e ritorno, quassù, al suo universo che ruota intorno alla curva 46 del Passo.
Fino ad oggi la gara dei record era quella discesa sulla Streif chiusa ad 1/100 da Klammer.
«Hanno arrotondato a 3 millesimi».
Oggi invece celebriamo il record dei record: Shiffrin supera Stenmark. Come l'avrà presa lui?
«Negli anni non era facile credere di poter avvicinare il record di Ingo, però la Shiffrin, fin da giovanissima si è dimostrata una fuoriclasse, sia in pista che di testa. Ormai c'era da aspettarselo: anche lui lo avrà accettato».
Per bloccare Shiffrin bisognerebbe cambiare il regolamento come fecero con Stenmark?
«Be (ride), lo fecero anche con me, con noi, in quegli anni con continui cambi, per non parlare delle regole sulle sponsorizzazioni private, allora non permesse».
Lei ha battuto Stenmark sul campo: il segreto fu il suo leggendario passo spinta?
«Tutti ricordano il parallelo di val Gardena, marzo, 1975: scattandogli davanti gli misi pressione, ma poi, dai, l'ho battuto anche qualche altra volta. Quante? Forse sette!».
Chi vince, invece, nel derby della timidezza?
«Li non apro nemmeno il cancelletto: vince lui. Se io ero taciturno, lui di più. Negli anni si è aperto. Ora ci sentiamo meno: è fisso in Scandinavia, gioca a golf e fa fondo».
Lei, invece, fa discesa tutti i giorni, ma una sfida con Odermatt?
«No, grazie. Ho dato. Ogni tempo ha avuto i suoi campioni: io avevo tutti quei francesi... Russel, Augert, Duvillard. Basta così!».
Infatti è difficile paragonare record e vittorie in tempi così diversi.
«I record sono numeri: ma sulle gobbe di neve fresca fra cui passavamo noi, vorrei vedere scendere i ragazzi di oggi!».
Nota dolente del 2023: nessuna vittoria maschile azzurra. Che cosa non va?
«Non sono più nell'ambiente ed è sempre sbagliato permettersi di giudicare da fuori, ma penso che oggi la federazione riesca a mettere tutto quel che serve a disposizione dei ragazzi, a partire da budget adeguati. Quindi è un'onda che viene e va, serve pazienza: anche la mia valanga si disgregò fra qualche problema di troppo dopo anni d'oro».
Ci resta una grande valanga rosa!
«Bassino, Brignone, Curtoni e Goggia sono stile, polivalenza, tenacia e coraggio».
Eppure non sono amiche: ai suoi tempi, per esempio, con Cristian Neureuther eravate davvero legati?
«Certo! Fuori pista, anche Ingo poi si sciolse... qualche volta. Ma non ho mai sentito Piero (Gros ndr) dire: Vado piano che aiuto Gustav».
Lei è stato re di un parallelo memorabile e tante combinate: ha un'idea per rilanciarle?
«A me piaceva la Combi dei miei tempi, con discesa e due manche di slalom. Sui paralleli, basta non aspettarsi che il Gps garantisca regolarità fra i due percorsi. È una prova che può piacere ai giovani, anche se ora van tutti matti per quelle cose con quei nomi, boardercross, freestyle...».
Tomba si ritirava 25 anni fa.
«Comincia anche lui ad avere la sua età!».
Lei lo ha preso per mano e allenato: sembravate così diversi e invece funzionò. Anche a Sanremo: lei lo ha condotto, lui lo interruppe!
«Ah, è vero! Io lo notai giovanissimo: mi dissero Lascialo stare, non solo è di Bologna, ma è figlio di papà. Invece era cittadino, ma in fondo veniva dalle colline e anche lui era legato alla famiglia e soprattutto - come fu anche per me -, braccato dal circo mediatico. Ci bastò per capirci. Ci sentiamo anche oggi, i suoi sms, le sue filastrocche».
Dopo 72 anni ha scritto anche un libro!
«Mi hanno convinto in famiglia. Doveva essere per i 70 anni, il covid ha allungato i tempi. Ma con un'intervista così lunga lei pensa di scrivere il seguito?».
Che cosa ci mettiamo?
«La mia vita qui, i ghiacciai, le piste, magari, poche e bellissime di Trafoi, le marmotte che in estate hanno più caldo e meno tempo per cercare cibo...».
E poi il panorama di Ortles e Madaccio, la quarta stella del vostro hotel, la nuova sauna, e quella hall of fame che è un corridoio
dove lei permette a tutti di ammirare le sue coppe e le medaglie: a destra gli ori di Sapporo, a sinistra le 4 coppe generali...«Mi spiace che le vetrinette facciano riflesso: altrimenti le foto verrebbero meglio!».
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