"Io, un filosofo del ghiaccio che sussurra ai pattini"

Nel pattinaggio veloce Davide Ghiotto ha polverizzato il record del mondo dei 10.000. A Milano-Cortina sulle orme di Fabris per l'oro

"Io, un filosofo del ghiaccio che sussurra ai pattini"
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A meno di un anno dai Giochi, in quest'Italia che dopo l'estate strabilia anche d'inverno, è passata quasi inosservata l'impresa di un asso come Davide Ghiotto, che il 25 gennaio a Calgary in 12'2569 ha polverizzato il record del mondo dei 10.000 metri, una sorta di maratona sul ghiaccio. Il 31enne finanziere vicentino ha superando di 5 secondi il tempo dello svedese Nils van der Poel, oro olimpico a Pechino 2022, dove l'azzurro fu bronzo. Forte di questa prestazione monstre, l'uomo che sussurra ai pattini prima delle gare sì, è una sua scaramanzia e funziona visti i risultati , è entrato in una nuova dimensione. Uno status di primattore nel pattinaggio su pista lunga che non si vedeva dai tempi di Enrico Fabris, simbolo dell'Italia vincente a Torino 2006.

Davide, cosa si prova ad essere primatista del mondo?

«Mi hanno fatto tutti i complimenti ed ero ovviamente felice, ma quando è finita la gara il direttore tecnico Maurizio Marchetto mi ha detto che c'è ancora del margine. Per vincere l'oro a Milano-Cortina servirà migliorarci ancora».

Va forte anche nei 5.000 e inseguimento a squadre.

«Sì, non lo nascondo: l'obiettivo è andare a medaglia in tre specialità».

Tre medaglie come quelle vinte da Fabris a Torino 2006. Che ricordo ha di quei Giochi?

«Avevo 12 anni e facevo pattinaggio a rotelle. Quasi mi pesava fare fatica con i pattini, preferivo guardare i cartoni e mangiare panini. Vedere un italiano vincere così all'Olimpiade di casa mi ha convinto a spostarmi sul ghiaccio».

Anche Fabris è vicentino. Come mai arrivate tutti da quelle parti?

«Penso sia una pura casualità, ma è stato da stimolo. Sono di Altavilla Vicentina, dove vive Roberto Baggio, ma mi sono trasferito a San Gottardo di Zovencedo, sui colli Berici, con la mia compagna Susy e mio figlio».

Filippo è nato pochi mesi prima di Pechino. Quanto ha influito la paternità sui risultati?

«Tanto perché quando entro in pista non lo faccio solo per me stesso».

Momenti negativi ce ne sono stati?

«Nella mia prima Olimpiade l'olandese Bergsma mi ha doppiato. È stata dura. Quattro anni dopo ho fatto bronzo e ora ho il record del mondo. È una storia da film (ride)».

Le gare dei Giochi saranno a Rho Fiera, poi la pista verrà smantellata. In Italia manca una casa al coperto.

«D'estate ci alleniamo in Germania. Siamo abituati a viaggiare tanto. Mi dispiace per il movimento».

Al ruolo di portabandiera ci spera?

«Sarebbe un onore, ma vorrei portare altre emozioni in pista. Apprezzo Sinner che sta rifiutando una ribalta mediatica per gli allenamenti. Noi atleti dobbiamo pensare ad allenarci per portare vittorie al Paese».

Quanto si allena?

«Mi piace fare fatica. Questa cosa l'ho ereditata da mio padre Federico, ex ciclista e compagno di Baffi».

Ha ancora quella scaramanzia di parlare con i pattini prima di gareggiare?

«Sì, mi dà conforto. Dico le stesse cose, a volte neanche ci parlo. Così trovo la concentrazione prima di una gara. Mi isolo dall'ambiente esterno».

La definiscono il pattinatore-filosofo. Come mai?

«Sono laureato in Filosofia. Lo studio mi ha aiutato a diventare il pattinatore che sono. Vorrei avvicinarmi all'ambito accademico un domani. Spero non sia troppo tardi».

Come ha vissuto l'ingresso in squadra di Arianna Fontana?

«La vediamo poco perché ha deciso di fare due discipline, dunque non è sempre con noi».

In squadra c'è pure suo fratello Manuel.

«Abbiamo 12 anni di differenza, ma siamo fortunati a condividere la stessa passione. Il fatto che abbia iniziato con ottimi risultati, è un motivo di orgoglio».

Qual è l'atleta azzurro che più

la ispira?

«Ganna. Anche Jacobs, Tortu o Tamberi. Tutti potrebbero essere dei buoni compagni di chiacchierata a cena». Serve un oro olimpico per sedersi al tavolo dei grandi: l'occasione può essere proprio Ghiotto.

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