Douce France. E perfida Albione. Anche senza bisogno di scomodare gli stereotipi, la sostanza è questa. L'illusione di aver scoperto otto giorni fa a Parigi una nazionale giovane, coraggiosa, irriverente, di aver intravisto un'alba inattesa del rugby azzurro, è finita brutalmente nel secondo tempo di ieri all'Olimpico. Dopo i primi 40 minuti, infatti, l'Italia, quell'Italia, è rimasta negli spogliatoi.
Un tempo a tenere testa agli inglesi (che pure non arrivano da un periodo particolarmente brillante), rispondendo calcio su calcio (9-11 con una meta nel calcolo a favore dei britannici), e un altro in cui la nazionale di Brunel si è letteralmente liquefatta. Risultato: altre quattro mete sul groppone (di cui tre dello scatenato centro Jonathan Joseph) e soprattutto zero punti segnati sul tabellone azzurro nei secondi 40 minuti.Peccato. Perché l'Italia di Parigi ci aveva fatto intravedere qualche spiraglio, soprattutto in un momento in cui tutto il rugby del vecchio continente è in fase di transizione, con poche certezze e pochi punti di riferimento. E in queste incertezze avrebbe potuto infilarsi la nostra giovane Nazionale intravista in Francia.
Quella di Roma invece ci fa ripiombare nel solito leitmotiv: un Olimpico strapieno e un'Italia che ancora una volta sembra non voler giustificare tutto questo amore. Settantatremila spettatori, un'affluenza che le romane del calcio nemmeno si sognano, eppure questa Italia non trova mai il modo per contraccambiare. Questa volta, a dire il vero, le attenuanti ci sarebbero anche: i tanti volti nuovi, i tanti giovani, la rivoluzione post-mondiale. Se non che, quella millimetrica sconfitta con la Francia ci aveva fatto pensare che anche con gli inglesi avremmo venduto cara la pelle. E invece il 40-9 finale suona come una fila di schiaffoni presi quando meno te li aspetti. E purtroppo la svolta del match arriva proprio così, inattesa, tra il 9' e il 12' del secondo tempo: prima Canna fallisce il piazzato del possibile sorpasso (eravamo ancora sul 9-11), poi i trequarti azzurri (e in particolare Sarto, autore dell'errore fatale) servono su un piatto d'argento a Joseph la palla per la meta in mezzo ai pali che rompe la partita.Da quel momento l'Italia non esiste più: errori di concentrazione, testa ormai fuori dalla partita, palle perse in tutti i modi.
Agli inglesi non sembra vero e in dieci minuti ci affossano con altre due mete direttamente in porta, dando anche spettacolo con azioni di grandissimo rugby come quella che porta alla marcatura di Farrell. Una sbandata generale che non lascia spazio ad altre interpretazioni. Questa volta nemmeno il coraggio di capitan Parisse e il ricorso a uomini della vecchia guardia come Castrogiovanni e McLean servono ad evitare il tracollo. Al momento di tirare le somme raccogliamo la ventiduesima sconfitta su ventidue confronti con gli inglesi, che restano l'unica squadra che non abbiamo mai battuto nel torneo.
Non solo, ma restiamo in linea con i ko degli ultimi tempi: 47-17 a Twickenham l'anno scorso, 52-11 all'Olimpico due anni fa. Insomma, non si riesce a fare un passo avanti di un metro nei rapporti di forze con l'Inghilterra.
E l'immagine dell'Italia che arranca inutilmente nel finale per rendere meno amara la sconfitta è la sintesi perfetta di questa situazione. Resta il mistero glorioso dei 70mila che tornano ogni anno all'Olimpico e torneranno certamente anche tra quindici giorni per l'assalto agli scozzesi. Gli unici che, di solito, ci lasciano qualche chance.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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