Marcell Jacobs ritrova il profumo della gara, del successo, sei mesi dopo il trionfo olimpico, nell'atmosfera non proprio ideale dell'arena berlinese dove l'anno scorso iniziò il suo viaggio per l'isola che per fortuna ha trovato fra le mascherine di Tokyo beffando avversari più quotati.
Un primo passo per ritrovare armonie e sensazioni. Umanissimo, come sempre, quando in batteria, mentre lo presentavano, sentiva un masso sulla schiena e in avvio si è visto, anche se poi ha lasciato ad un metro con 657 l'ivoriano Cissè che nell'esordio del 2021 lo aveva battuto. Ruggine, pensieri, delizie e tormenti che saranno con lui in tutte le sparatorie del grande sprint mondiale perché ormai è il pistolero da anticipare e colpire. Ha spalle grandi Jacobs, un allenatore amico come Camossi che sa sussurrare e insegnare le cose giuste, evitando che l'enfasi mandi tutto all'aria come succede quando diventi personaggio.
Per Jacobs il tempo di respirare l'aria del fiume fuori da un arena da 12000 posti dove per le limitazioni pandemiche non c'erano più di 1200 persone. Nella finale ha guardato soltanto avanti e dopo i primi appoggi Cissè e il Vicaut che adesso si allena a Padova erano già staccati: 651, un centesimo sopra il record di un meeting che serviva per riprendere il contatto con i chiodi veri della tensione agonistica, 5 meglio dell'anno scorso. Abbraccio alla mascotte Berlin, unico momento vero di paura quando durante l'intervista Rai ha avuto l'impressione che il meraviglioso Duplantis potesse cadergli sulle spalle dopo aver davvero sfiorato il nuovo mondiale a 6.19 nella terza prova.
Si è girato, ha sorriso, è tornato in scena pensando alle cadenze pesanti che si è imposto per arrivare bene al mondiale indoor di Belgrado in marzo. Tornerà a gareggiare l'11 in Polonia, a Lodz, poi andrà a Lieven in Francia il 17 prima di pensare agli assoluti di Ancona e sistemare i progetti pensando al mondiale dove i pistoleri saranno tanti davvero.
Non accontentandosi mai, per fortuna, ha cercato i peccati in due corse facili, sapendo di non sapersi accontentare come speriamo faccia la ventitreenne Zaynab Dosso, ragazza di origine ivoriana arrivata a Rubiera quando aveva 10 anni, campionessa italiana dei 100, che, nei 60, sulla scia dell'inglese Neita, finalista olimpica, ha ritoccato il suo personale con 728.
Per Jacobs, sempre pensando ai mondiali indoor l'incertezza se provare la pista serba o andare a Madrid dopo gli assoluti a casa Tamberi, ma anche l'idea di ricominciare la stagione all'aperto da Savona che l'anno scorso gli fece vedere il mondo che doveva conquistare sotto una prospettiva diversa. Non lo abbiamo trovato cambiato, a parte la collana che luccicava allo sparo di Berlino e i molti tifosi che ad ogni vigilia sembrano camminare con lui, e questa è forse la cosa più importante, ma siamo sicuri che il suo castello è ben protetto perché la coppia Camossi-Romanazzi funziona senza invasioni di corsia.
«Cercherò di onorare in ogni gara il titolo che mi sono guadagnato: sono tornato, e
sono lo stesso di sempre», ha detto l'azzurro dopo il traguardo. Non è mai facile quando intorno c'è tanta gente che curando l'immagine spesso rischia di non ricordare che i campioni li riconosci in pista, non nelle feste.
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