Il taping non è roba per tapini dello sport. La conferma è venuta osservando il polpaccio fasciato di Marcell Jacobs durante la vittoriosa finale d'oro dei 100 m.: quattro lunghe e strette bende fisioterapiche vezzosamente tricolori; una sfilza di bandierine bianche, rosse e verdi capaci di portare al campione sollievo medicamentoso e beneficio fortunoso. Con tanto di tocco glamour che ruba l'occhio.
Intanto la moda del «tape» applicato per ragioni curative (come nel caso di Jacobs) ma anche per motivi estetici (gli esibizionisti della «seconda pelle» multicolor si stanno moltiplicando) è ormai un trend con un raggio d'azione che va dall'atleta professionista in giù, fino al recordman della specialità «tuffo sul divano». Insomma, poco importa se sei un campione di agonismo o un sprinter di sedentarismo, l'importante è avere a portata di forbice l'iconico rotolo adesivo, possibilmente impreziosito da disegni personalizzati in «edizione limitata».
In origine i miracolosi nastri era rigorosamente monocromi: il primo a pubblicizzarli in tv attaccati a schiena e addominali fu Balotelli togliendosi la maglietta dopo uno dei suoi, rari, gol in nazionale; poi fu la volta (gran bel vedere!) delle ragazze del beach volley che se li appiccicarono sui glutei seguite dalle colleghe della pallavolo che iniziarono a utilizzarli lungo le cosce, creando un effetto involontariamente sexy. Il dado - anzi, lo «scotch» - era ormai tratto, e da quel momento nulla è stato più uguale nella tutela (vera o presunta) dei nostri muscoli. Le palestre si sono così riempite di giovani e meno giovani che fanno sfoggio dell'originale «presidio sanitario» con lo stesso orgoglio con cui i sessantottini indossavano l'Eskimo.
Ma cos'è, esattamente, il «tape»? Gli esperti della materia spiegano che «è una benda adesiva anallergica con elasticità, peso e spessore equivalenti a quelli della cute». Inoltre «non contiene lattice né farmaci e il principio su cui si basa il funzionamento è la stimolazione meccanica/propriocettiva dei recettori». Nota a margine: «La tensione/resistenza del tessuto non varia a seconda del colore. Le differenti fantasie sono dovute a scelte di mercato».
Fatto sta che, dopo il trionfo di Jacobs, da poche centinaia di confezioni smerciate nei negozi specializzati, il business è
diventato milionario con migliaia di taping-box andati a ruba. Richiestissima la variante «tricolore» indossata da Marcell nella notte magica di Monaco. Ma introvabile come la «figu» di Pizzaballa nell'Album Panini del 1963.
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