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Jessica, Niccolò & C. I dimenticati di Londra

Dodici mesi fa alle Olimpiadi erano i nostri ambasciatori nel mondo, ora vincono ancora ma non li fila nessuno

Jessica, Niccolò & C. I dimenticati di Londra

Domani, un anno fa, lui importava. Lui contava e con lui la sua medaglia. Domani un anno fa eravamo pronti a issarlo più in alto del gradino più alto del podio. Perché Niccolò Campriani avrebbe vinto l'oro nella carabina 50 m tre posizioni e non ci sarebbe bastato elogiarlo: avremmo dovuto santificarlo. Cosa puntualmente fatta. Ieri, un anno fa, lei eccome se importava. Lei che ci aveva fatto sentire tutti più piccoli e però fieri di avere qualcosa di lei: l'italianità. Ieri un anno fa lei Jessica Rossi aveva vinto l'oro olimpico nel tiro a volo, specialità trap, centrando al tempo stesso il record del mondo di 99 piattelli su 100. Ieri un anno fa ci aveva raccontato del terremoto d'Emilia, della sua famiglia sfollata e quell'oro tutto suo era diventato tutto nostro. Il suo viso giovane, la sua freschezza e quello sguardo macigno e duro che non t'aspetti avevano fatto il resto. Santa subito perché noi siamo fatti così.

Niccolò e Jessica sono gli ambasciatori inconsapevoli dei dimenticati di Londra. Che sono parecchi. Quasi tanti quante le medaglie conquistate. Basti pensare a Daniele Molmenti oro nello slalom canoa, a Carlo Molfetta re del taekwondo solo per citare il metallo più pregiato. Ma che dire della vicenda sportiva e umana di Marco Aurelio Fontana bronzo nella mountain bike solo perché sul più bello gli era toccato pedalare stando in piedi visto che aveva perso il sellino? Eroe, eroi. Punto.

Un anno dopo eccoli retrocessi. Da salvatori della patria a dimenticati dello sport che poco importa vincano ancora o di più o che alcuni di loro riescano persino ad essere più forti dei regolamenti cambiati apposta per sgambettarli. Dimenticati. In questo siamo tutti bravissimi: Italia popolo di allenatori e smemorati. Solo calcio, calcio, calcio e solo calci nel fondo schiena alla maggior parte degli altri atleti. Oggi iniziano i mondiali di scherma che, fateci caso, diventa disciplina importante solo in certe patinate e dorate occasioni. Altrimenti, da capo, chissenefrega. Eppure gli schermidori, grazie a lunga tradizione e a personaggi spettacolari, sono diventati, a fatica, qualcosa più di eroi da rispolverare quando serve. Eppure patiscono anche loro. Prendete invece il nuoto. Nell'ultima settimana ci ha dato l'esatta misura della discriminazione: gli eroi in costume non sono atleti figli di un Dio minore. Di nuoto si parla spesso. Prendete i mondiali appena conclusi: la bella storia della Pellegrini e poi un festival di fallimenti e poi il bronzo di Paltrinieri. E però, in mezzo, paginate e dirette e interviste e racconti su questi azzurri che avevano fallito a Londra e se non fosse stato per Fede e Gregorio avrebbero fallito a Barcellona. Non ha invece fallito Jessica Rossi che mercoledì scorso a Suhl, in Germania, ha conquistato l'oro europeo e «sono più forte delle nuove regole» ha detto «e sono più forte del cambio di fucile» ha aggiunto. Felicità, entusiamo, foto e baci e abbracci per pochi affezionati. Per chi se n'è accorto. E che dire di Massimo Fabbrizi, splendido e generoso argento nel tiro a Londra, umile allora, umile adesso non appena confermata la medaglia inglese anche agli Europei. Giusto una notizia. E arrivederci e forse neppure grazie. Se ne riparlerà fra tre anni, a Rio, nel caso Fabbrizi sia riuscito a mantenersi in forma. Sennò sparito.

Un anno dopo le olimpiadi Londra, gli eroi dimenticati sono parecchi. Anche perché parecchie furono le medaglie che ci portarono. La dimenticanza è disciplina diffusa ovunque, ma in Italia sono e siamo tutti allenatissimi. Niccolò Campriani a giugno ha vinto l'oro ai Giochi del Mediterraneo e con lui dorata è stata anche la fidanzata, Petra Zublasing che a Londra aveva fallito. E grazie a Dio che erano fidanzati. Altrimenti dei loro successi si sarebbe parlato e saputo quasi zero. E pensare che entrambi si sono allenati e hanno studiato negli States pur di riuscire a emergere nello sport e in ingegneria. Entrambi hanno gareggiato per squadre universitarie a stelle e strisce e per i successi ottenuti fra poche settimane incontreranno un tale di nome Barak Obama.

«Cosà dirò al presidente degli Stati Uniti?» ha domandato e si è domandata Petra, «Ciao... E poi gli dirò che ha fatto bene a cambiare il sistema sanitario e fa bene a voler cambiare la legge sulle armi». E Obama, vedrete, non li dimenticherà.

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