Mestiere ingrato, l'allenatore. Se la squadra vince è merito dei giocatori. Se perde, è colpa sua. Massimiliano Allegri, alla sua quarta stagione di fila da tecnico della Juventus, ne è stato sempre consapevole. Per questo motivo, da quando nell'estate del 2014 si è seduto sulla panchina più ambita e allo stesso tempo più complicata d'Italia, ha lavorato ogni santo giorno con un solo obiettivo: vincere, che in casa bianconera, come si sa, è l'unica cosa che conta. Perché quando non si vince, la stagione è da buttare via.
Quattro anni sulla stessa panchina possono essere un periodo lunghissimo. L'avventura di Max alla Juve era partita nel peggiore dei modi. Per i tifosi della Vecchia Signora era un nemico. Da tecnico del Milan aveva attaccato la società bianconera per il gol di Muntari, che la mano barbina di Buffon rispedì fuori dalla rete senza che nessuno se ne accorgesse. Un valido motivo per odiarlo - sportivamente - ma non per prendere a calci la sua macchina.
Poi venne l'amichevole estiva con i dilettanti del Lucento, persa sul campo di Vinovo tra le proteste dei tifosi che lo invitavano a farsi da parte. Ma Allegri ha sempre creduto nel concetto base del successo, nel calcio come nella vita: il lavoro. In questi anni lo ha ripetuto come un mantra. E con il lavoro ha portato la Juventus dove non era mai arrivata. Quattro scudetti di fila (per un totale di sette), altrettante Coppe Italia, una Supercoppa italiana. Agli avversari le briciole. Un monopolio senza precedenti in Serie A.
Quattro anni dove il tecnico livornese ha centrato un record dietro l'altro. È il primo in Italia ad aver vinto quattro Coppe Italia di fila; il primo ad aver conquistato un double nazionale per quattro anni consecutivi; il primo a vincere il tricolore alla prima stagione con due squadre diverse. L'unico rimpianto? Non essere riuscito a migliorare il primato del suo predecessore Antonio Conte, capace di scollinare quota 100 punti in campionato (102 punti nella stagione 2013/2014). Lo stesso Conte che se ne andò dopo due giorni di ritiro dopo aver esclamato la frase del "ristorante da 100 euro dove non puoi mangiare con 10 euro".
Frase smentita nei fatti da Allegri, capace di riportare la Juventus tra i commensali dell'Europa che conta. D'accordo, la Champions League non è arrivata e le finali del 2015 e del 2017 non fanno altro che aumentare i rimpianti dei tifosi. Ma sono la dimostrazione più chiara della bontà del lavoro di Allegri, che ha saputo convincere anche i più scettici grazie alla sua capacità di rimodellare continuamente la squadra, cambiandone schemi e interpreti a seconda delle necessità senza mai pregiudicare il risultato finale.
Dal 2014 a oggi, in casa bianconera, si sono avvicendati giocatori e moduli. Tutto è cambiato perché nulla cambiasse.
Questa è stata la grandezza di Massimiliano Allegri. Che ora si trova davanti a un bivio: ingranare la quinta stagione per riprovare a vincere la Champions League oppure lasciare l'Italia per la Premier? L'ultima parola spetta a lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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