A parole Simone Inzaghi ha capito la lezione. Ora serviranno i fatti, la conferma del campo. Dopo ventidue anni di Roma, è bastato un anno per capire che a Milano non bastano due coppe nazionali vinte contro la rivale di sempre se poi perdi in volata lo scudetto contro i vicini di casa, quel Milan che in ogni pronostico era considerato dietro l'Inter. Non passi alla storia per chi ha vinto due trofei, ma sei ricordato per un campionato perso quando a un certo punto si pensava che lo vincessi con dieci punti di vantaggio. Il messaggio l'ha mandato Marotta nel giorno che apre la nuova stagione con quel «ripartiamo con un sapore agrodolce» che era una sentenza sulla delusione consumata davanti ai settantaduemila di San Siro all'ultima giornata. L'allenatore non si è tirato indietro con un banale ma efficace «non ci nascondiamo», salvo aggiungere «siamo in cinque-sei squadre». No, l'Inter a questo punto del calciomercato è davanti a tutti. Il ritorno di Lukaku è clamoroso, Inzaghi dovrà saltare anche i convenevoli della presentazione dopo che l'anno scorso lo allenò per una quindicina di giorni. Poi si vedrà, se non dovesse partire solo Skriniar nel muro difensivo si accenderebbero riflessioni su una strategia votata all'attacco, in un campionato che storicamente si è sempre vinto con la difesa. Può essere la rivoluzione marottiana che ora ha parcheggiato Dybala in attesa di sfoltire l'attacco e con già un Mkhitaryan in più in casa. Ma l'ad nerazzurro alza l'asticella dell'ambiente interista, Inzaghi gli deve fare da spalla perché il ceffone tricolore del Milan ha lasciato il segno. Non basta un'Inter allenata bene, con il miglior attacco. Quarantacinque giorni dopo, la festa rossonera fa ancora rumore dalle parti di viale della Liberazione. Imparare dagli errori, dai cambi al turnover, a prescindere dal verbo turco di Calhanoglu riveduto e corretto in fretta e furia. Il mercato è li a dimostrare che qualcosa è mancato.
Inzaghi alla fine avrà due alternative per ruolo e potrà gestire diversamente la rosa nella stagione più strana della storia, spaccata in due dal Mondiale. Il rinnovo del tecnico un segnale, ma ora lo sa anche lui: il tripletino sfiorato a Milano non basta.
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