
Milano. C'è ancora chi li chiama summit e pensa al mal di provincia. In realtà, le 8 sconfitte, l'Inter le divide democraticamente fra squadre forti (Milan, Juventus, Roma e Lazio) e squadre piccole (Udinese, Empoli, Bologna e Spezia) e così, Marotta e Ausilio che si presentano ad Appiano per il confronto mattutino con Inzaghi è evento tanto frequente che nemmeno fa notizia. Quella, semmai, sarebbe l'esonero dell'allenatore a stagione in corso di cui si comincia a parlare, se non arrivasse l'immediato riscatto contro Porto e Juventus, come se Chivu in panchina bastasse a portasse in campo un po' di leggenda da Triplete, e nonostante a Torino ci sia chi nelle stesse ore gonfia il petto per gli stessi punti in classifica (ma 5 sconfitte su 6 in Champions, con annessa retrocessione in Europa League). Cioè: Allegri può vantarsi di risultati peggiori di Inzaghi, che invece è costantemente sotto processo.
La cosa peggiore per lui, però, non sono la contestazione dei tifosi, i dubbi del club o critiche della stampa, che certo già non devono fare granché piacere. Il problema vero è lo spogliatoio, dove il virus della sfiducia dilaga ormai da oltre un anno, dal famoso derby del 5 febbraio 2022, perso secondo i giocatori proprio per i cambi dell'allenatore, come confessò pubblicamente in estate Calhanoglu, intervistato da una tv turca, riassumendo il pensiero dei compagni.
Un bel guaio ripartire da lì, e Inzaghi non ce la sta facendo. Il suo problema vero è proprio la gestione dello spogliatoio, dove appare troppo debole, probabilmente anche agli occhi di Marotta e Zhang. La mancata gerarchia sui rigoristi, dove i numeri dicono che non ci sarebbe partita a favore di Lukaku, ne è l'ultima dimostrazione ed è stata la prima causa dell'ottava sconfitta. Ma poi ci sono la gestione del portiere, della fascia di capitano, dei giovani e chissà cosa altro ancora, che non è mai emerso. Vogliamo parlare di Asllani? Riscatto obbligatorio a 16 milioni complessivi, 3 presenze da titolare in stagione, l'ultima in campionato l'8 ottobre. Tutti hanno il loro CDK. Eppure il sospetto forte è che siano proprio i senatori quelli a essere più distanti dall'allenatore, intuendone le debolezze. L'alibi è sempre in agguato, a ogni latitudine. Già c'è chi parla di clan e di resa dei conti, come da peggiore tradizione. Eppure l'Inter non ha finora fatto peggio della Juventus ed è sostanzialmente a una partita di distanza dal Milan, che è già nei quarti di Champions e che ha dimostrato di sapersi compattare intorno a Pioli, la riprova dopo la sconfitta con la Fiorentina.
Oporto (ancora senza Skriniar) è il prossimo traguardo e lì Inzaghi sa che si gioca molto, quasi tutto.
Come in autunno, quando a San Siro arrivò il Barcellona, e l'Inter vinse. Fu un'impresa meritata e applaudita. Stavolta il quadro è ancora più fragile: se l'Inter affonda, al momento dei bilanci, quella di Riad sarà considerata coppetta, non certo Supercoppa.
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