Ore di nebbia e di paura. Il male ci allinea, nessuna può vantare la prima fila. Ci ritroviamo uguali, senza distinzioni, senza privilegi, fatte alcune miserabili eccezioni, pure esibite senza vergogna. Anche il mondo del football deve fare i conti con una realtà diversa, nella quale non valgono più i lasciapassare e le raccomandazioni. Il virus colpisce a prescindere, ci marca stretto, entra a gambe unite e presumo che ghigni, maledetto. Capita, dunque, che un calciatore, nella fattispecie, lo spagnolo Luis Alberto, artista della Lazio, metta giù due righe, con gli strumenti di comunicazione contemporanei, cioè Instagram, per illustrare il suo malinconico esilio romano che non gli permette di festeggiare il compleanno del figlio Lucas, di anni due, che vive, con il resto della famiglia, la moglie Patricia e l'altra pupa Martina, a Siviglia e che lo attendevano per la trasferta di Europa league, saltata, dopo l'annullamento di qualunque volo aereo da e per l'Italia, decisa dalle compagnie aeree spagnole.
«Non potete immaginare cosa darei per stare lì con lui e con il resto della mia famiglia. Ma per via della situazione che abbiamo in Italia non posso viaggiare, posso appena uscire di casa per comprare lo stretto necessario. Ma è molto importante seguire le raccomandazioni delle autorità finché la situazione non sarà sotto controllo. Per questo anch'io dico #stateacasa. In momenti come questi è giusto che il calcio passi in secondo piano. Giocare a porte chiuse non è la soluzione, anche la salute di noi giocatori è importante, credo che tutte le competizioni debbano fermarsi per tutto il tempo necessario. Se io e tanti altri calciatori stiamo facendo lo sforzo di non vedere le nostre famiglie, non credo che sia troppo chiedere che tutte le competizioni vengano rinviate. Vorrei ringraziare medici, infermieri e personale medico, tutti quelli che stanno lavorando duramente giorno e notte. Siete voi i veri MVP». Dove l'acronimo inglese sta per Most Valuable Player, il migliore in campo.
Luis Alberto ha così realizzato un gol magistrale e, insieme, il migliore assist della sua carriera. L'egoismo, naturale, di un padre è stato messo da parte per lasciare il posto alla coscienza di un cittadino uomo, al senso di responsabilità, al riconoscimento e al rispetto del lavoro immane dei medici e degli infermieri, il suo atto di grande professionalità smentisce il luogo comune del calciatore narcisista, privilegiato, abitante dell'isola dei famosi e spudorati.
Lo spagnolo non ha cercato di aggirare le disposizioni, non si è mascherato da clandestino per raggiungere, in aereo privato, la sua dimora all'estero, come alcuni suoi colleghi, Ronaldo, prima che entrassero in vigore le ultime restrizioni ed esplodessero i casi Rugani e Gabbiadini. Luis Alberto resta in mezzo al campo, aspettare, vuole vivere assieme agli altri. Come gli altri.
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