C'è un vero Normal One sul tetto d'Europa. Si chiama Luis De la Fuente ed era praticamente un signor nessuno fino a qualche tempo fa. Perché sarà anche la Spagna di Morata e di Yamal, di Rodri e di Dani Olmo, ma dietro questa rinascita delle Furie rosse c'è pur sempre questo tecnico con gli occhiali da professore che ha riabilitato la vecchia tradizione degli allenatori cresciuti nelle federazioni.
Una rivincita indiretta dei Bearzot, dei Vicini e dei Maldini, visto che De la Fuente, come i nostri vecchi mister fatti in casa, quando il ct non doveva per forza essere un fenomeno alla Sacchi, alla Lippi o alla Mancini, ha iniziato ad allenare e a vincere con le nazionali giovanili, con la cantera della Roja diremmo. Perché, prima di portare al trionfo questa sontuosa Spagna, De la Fuente ha messo insieme un Europeo Under 19, un Europeo Under 21 e un argento alle Olimpiadi di Tokyo alle spalle del Brasile. Insomma, una bella fila di medaglie che ne hanno giustificato le promozioni consecutive fino alla panchina della Nazionale A.
Un tecnico pragmatico e senza idee cervellotiche, che ha solo ridato verticalità al gioco ormai ripetitivo della Spagna uscita dal tiki-taka. Tanto che è riuscito a riportare le Furie rosse a vincere un trofeo a 12 anni di distanza dall'ultimo capolavoro di Del Bosque.
Una Spagna che si esalta per i numeri del baby catalano Yamal, che festeggia la doppia corona europea della colonna del Madrid Carvajal, con i suoi scudieri Nacho e Joselu, ma che ha anche tanto cuore basco, proprio come il suo allenatore che da fedelissimo difensore dell'Athletic ha cominciato la sua carriera tecnica proprio nel glorioso vivaio di Bilbao. Basco e bilbaino come Nico Williams, l'altro giovanissimo fenomeno che ha messo le ali a questa Spagna, o come Unai Simon, ormai portiere sicurezza, degno erede della tradizione degli arqueros di quelle terre, o come la pattuglia della Real Sociedad, da Oyarzabal a Mikel Merino e Zubimendi, tre dei tanti cresciuti con De la Fuente nelle varie nazionali giovanili e arrivati fino a questo trionfo. Come Cucurella, come Danio Olmo, come tutta una Spagna nata e programmata in casa.
Perché oggi la
grandezza del calcio iberico non è solo nell'ennesima generazione dei galacticos Real, ma anche nell'impresa di ragazzi cresciuti alla corte del Normal One De la Fuente, che possono mettersi alle spalle pure Bellingham e Mbappé.
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