Roma - Adesso se ne sono accorti tutti: a Roma è la settimana del derby e il pensiero di un Olimpico vuoto pure nel giorno della stracittadina fa tristezza. Per il presidente del Coni Malagò «Lazio-Roma senza tifosi non è uno spot vincente per la città», mentre la trinità romanista Totti-De Rossi-Florenzi lunedì ha approfittato della serata in memoria di uno storico ultrà giallorosso per rivolgere un appello alla curva sud: «Speriamo che i tifosi tornino presto allo stadio, come ai vecchi tempi».
La realtà dice altro. Dice che finora la prevendita è fiacca e che domenica ci saranno 30-35mila spettatori. Mancheranno soprattutto i romanisti (se ne prevedono 7-8mila), ma anche in casa Lazio c'è poco da ridere. Lo scorso 4 novembre il club di Lotito ha provato a riaprire una campagna abbonamenti chiusa con un dato raggelante, meno di ottomila tessere vendute. Le ultime vittorie hanno migliorato un po' le cose e stavolta almeno la curva nord sarà piena, ma negli altri settori poco cambierà: finora quest'anno alle partite dei biancocelesti hanno assistito solo 16mila spettatori di media.
Ma cosa è successo esattamente? Come si è arrivati alla sterilizzazione di una sfida che spesso lasciava a desiderare come contenuti tecnici ma in compenso era famosa in tutto il mondo per la cornice? È sbagliato dire che Roma abbia perso la sua passione per il calcio: nella capitale continuano a prosperare le radio (sono sette quelle ufficiali) che parlano tutto il giorno di pallone e in città la vigilia è febbrile come sempre: la Lazio domani aprirà le porte di Formello mentre la Roma ha in programma di allenarsi nello storico impianto del Tre Fontane per un identico bagno di folla.
A essere in crisi non è il tifo in quanto tale ma la partecipazione fisica all'evento sportivo. Osservando i dati degli ultimi 17 anni la tendenza è chiarissima: dai 77.988 spettatori di Roma-Lazio del 21 novembre 1999 ai 29.205 di Lazio-Roma del 3 aprile 2016 il calo è stato costante. C'entrano sicuramente la crisi economica e la virtualizzazione innescata dalle pay-tv, ma due eventi hanno inciso più di tutto sulla disaffezione: il famoso «derby del bambino morto», quello sospeso a marzo 2004 per disordini scoppiati dopo la diffusione di una voce falsa, e il giro di vite del ministero dell'Interno con l'introduzione della Tessera del tifoso nell'estate del 2009.
Da novembre 1999 a marzo 2004, l'epoca d'oro, la media spettatori dei derby di campionato fu 74.171; da lì fino all'entrata in vigore della tessera è scesa a 58.509, e dalla stagione 2010-11 a 47.213. La situazione è peggiorata dal 2015, ossia da quando gli ultras della Roma e una parte di quelli laziali hanno deciso di disertare per protesta contro le barriere che ora dividono a metà le curve.
Ieri il presidente della Lega Beretta ha ribadito che «servono per la sicurezza e per identificare chi bisogna sanzionare». Sarà, ma per fortuna dentro l'Olimpico non accadono fatti di violenza da anni e quando si è trattato di punire cori o striscioni si è scelto di chiudere interi settori, anziché provare a individuare i colpevoli
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