Mandzukic, Brozo & C. Quelli per cui 11 posti non bastano

Poco utilizzati e impazienti chiedono spazio. Lichtsteiner chiuso da Dani Alves e Cuadrado

Mandzukic, Brozo & C. Quelli per cui 11 posti non bastano

Scontenti, sì. E non fanno nulla per nasconderlo. Perché in un'epoca in cui pullulano procuratori e social network, ogni minimo sospiro viene amplificato: figuriamoci le alzate di sopracciglio o gli sfoghi raccolti qua e là. Nei giorni dedicati alle nazionali, poi, chi ha qualcosa da dire lo fa senza problemi: eliminati i filtri delle società di appartenenza, che centellinano dichiarazioni e conferenze stampa potenzialmente pericolose, lo sfogo diventa automatico. Poi, una volta tornati nella città dove si percepisce lo stipendio, basta fare finta di nulla e/o dare la colpa a chi ha male interpretato.

Funziona così, da anni. Anche se certe frasi difficilmente si possono equivocare. Dries Mertens, per esempio, ha detto chiaro e tondo dal Belgio di capire di «non poter giocare tutte le partite, ma una gara su due per me è davvero troppo poco». Sarri e il Napoli prendano nota, ecco. Così come dovrà fare anche Allegri, in casa Juve: dove Neto ha fatto parlare il suo procuratore Stefano Castagna, secondo cui «non sono stati rispettati i patti, se è vero che Marotta si sta guardando intorno alla ricerca del nuovo Buffon. Quando Neto ha scelto la Juve, gli era stato indicato un percorso di crescita ben definito: se non è più così, bisognerà trovare una soluzione». Scocciato pure Lichtsteiner, chiuso da Dani Alves e parzialmente pure da Cuadrado dopo avere vinto per anni con addosso il bianconero: «Questa situazione non fa per me», ha tuonato lo svizzero in scadenza di contratto il prossimo giugno. E Mandzukic? Ufficialmente non ha detto nulla, di sicuro non salta di gioia nel fare da riserva a Higuain.

Da Torino a Milano, la musica mica cambia di molto. Marcelo Brozovic, per esempio, che dopo essere stato messo fuori squadra da De Boer per comportamenti poco professionali, sta provando a riconquistare la fiducia dell'ambiente ma al momento non pare così sulla buona strada. E mugugni assortiti, per rimanere in nerazzurro, li hanno regalati pure Kondogbia e Jovetic, mica due qualsiasi. E il Milan? Lapadula è ancora (con tutto il rispetto) un Signor Nessuno, ma era arrivato in estate per sostituire Bacca e adesso, dopo avere recuperato da un infortunio, si trova a guardare e basta. Come Pasalic, Under 21 croato il cui agente non si spiega come mai «non stia giocando»: con Montolivo ko magari avrà qualche chance pure lui, ecco. Perché magari bisognerebbe anche dare un po' di credito agli allenatori e ricordare sempre che si gioca in undici per volta, potendo arrivare a quattordici e non oltre.

Pure a Roma si sono uditi alcuni scricchiolii: il portiere Alisson ha infatti chiesto più spazio, dal momento che «in estate Spalletti non ha specificato che Szczesny sarebbe stato il portiere di serie A e io quello di Europa League. Di fatto però è così e a me l'alternanza non piace granché». Risolta (?) la grana Totti, mica poteva mancarne un'altra, certo che no. E comunque i portieri sono categoria irrequieta: «Sono molto lontano dal giocare, forse vengo dopo l'autista e i cinque fisioterapisti», è stato lo sfogo del 19enne polacco Bartlomiej Dragowski.

Che a Firenze è arrivato in estate tra mille speranze (venendo pagato 3 milioni, mica bruscolini) e che adesso ha invece la sensazione di non essere neppure la seconda soluzione per Paulo Sousa: quando infatti, contro il Chievo, Tatarusanu fu costretto a uscire per una botta alla testa, l'allenatore portoghese scelse Lezzerini. «Non posso far altro che continuare ad allenarmi forte. Tutti mi dicono che sono giovane, ma gli anni passano». Insomma: se la pazienza è la virtù dei forti, non è comunque la virtù preferita da parte dei calciatori.

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