Da finalista di Champions e prima avversaria del Napoli campione, stamane anche l'Inter riaccende i motori in vista della nuova stagione. Obiettivo per nulla nascosto, anzi apertamente dichiarato: lo scudetto della seconda stella. Non ne fanno mistero Marotta e soprattutto Inzaghi, che alla vigilia del raduno hanno illustrato le strategie nerazzurre. Soprattutto politico il discorso (senza possibilità di domande) dell'amministratore delegato, molto di calcio e di campo quello dell'allenatore, che dopo 15 anni (Mancini 2004-2008) è il primo tecnico a entrare nella terza stagione di Inter, la stessa (per chi ci crede) in cui arrivarono gli scudetti di Herrera e Bersellini (e sul campo dello stesso Mancini).
Diritti tv da vendere al meglio, risultati esaltanti delle squadre italiane nelle Coppe, riforme da attuare velocemente con l'aiuto della politica, «ci auguriamo» ha detto Marotta «che il sistema federale e il ministro Abodi, molto vicino al fenomeno del calcio, possano accompagnarci con ancora più forza in un processo di riforma che porterebbe grandi benefici». Nessun cenno dell'Ad al tema stadio e poi i soldi dell'Arabia Saudita, «che possono indebolire la caratura del calcio italiano, ma che costituiscono un'opportunità perché consentono alle società di reinvestire e rifare le squadre». Applausi e finalmente ampi meriti a Inzaghi, silenzio sul rinnovo del contratto in scadenza a giugno 2024 («sono sereno, la società sa quel che penso», dice l'allenatore), infine la promessa di costruire anche stavolta una squadra competitiva. «Il mercato è lungo, ce la faremo». Troppo lungo, chiosa Inzaghi: «Ogni allenatore vorrebbe poter lavorare da subito con la squadra al completo, ma ormai non è più così e dobbiamo adattarci».
Il percorso in Champions ha massaggiato l'autostima di tutta l'Inter e soprattutto dell'allenatore, troppo a lungo messo in discussione dalle vedove di Conte. Così stavolta Inzaghi non si nasconde. «Ho voglia, molta voglia di ricominciare e di provarci. Ci sarà tanta concorrenza, ma faremo il massimo per vincere lo scudetto». Inzaghi vede ancora almeno 3 buchi nell'organico. «Ci mancano un difensore, un centrocampista e un attaccante», spiega, senza peraltro fare cenno alla questione portiere, fluida finché non si sblocca la cessione di Onana allo United (oggi?). Intanto, con 12 giorni di ritardo rispetto alla scadenza del contratto (significa che la decisione è stata sofferta e ponderata) l'Inter ha salutato Handanovic dopo 11 anni e 455 partite (decimo interista della storia e secondo straniero per presenze assolute in Serie A, 566).
Inzaghi come Marotta pone l'attenzione sul ringiovanimento in atto della rosa, lo scorso anno la più vecchia della Serie A. È sicuro della possibile coesistenza fra Barella e Frattesi («Niccolò ha giocato spesso da mezzala sinistra»), aspetta Lukaku («è un giocatore di un altro club e non posso parlarne, ma certo sarebbe importante averlo ancora con noi») e non ufficializza la (scontata) promozione di Lautaro a capitano («devo prima parlarne con la squadra»).
Ha studiato il calendario, sa della partenza soft dell'Inter, almeno rispetto al Milan, e
conta di farsi trovare preparato alle prime interrogazioni del campionato. «L'importante è stare bene: lo scorso anno gli ultimi 2 mesi erano i più difficili, eppure potendo fare ruotare tutti, i risultati si sono visti».
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