Caro Pietro Mennea ieri era il giorno in cui nel 1979 sbalordivi il mondo prendendoti il record dei 200 metri, ma fra i meschini che non ti ricorderanno ci saranno anche i ladri che hanno rubato il camion dove c'era la pista che serviva per il giorno del ricordo della tua impresa proprio a Barletta la città dove sei nato calpestando la sabbia di Canne molto dopo Annibale. Succede. Troppo spesso qui da noi, ma per fortuna, i ragazzi che hanno lavorato per questo Mennea Day non si sono arresi inventandosi una pista in catrame sotto il Gigante perché quelli di Io corro, anche se non avevano una pista vera ti hanno capito, perché anche tu, cavaliere della nostra Repubblica, campione olimpico, nella tua Barletta, una vera pista non l'avevi mai avuta. Come sapeva il professor Mascolo che ti allevò, come ci raccontavi tu stesso nello stadio delle Olimpiadi di Messico 1968, dopo la corsa del record in 1972 che riportava un grande velocista italiano sul tetto del mondo come il meraviglioso Berruti dei Giochi di Roma nel 1960 eguagliando un record che durò molto meno del tuo primato rimasto imbattuto fino al 1996, limite che in Europa non ha ancora raggiunto nessuno.
Mentre Minà t'inseguiva col microfono, nella corsa su quel prato ci hai graziato, vedendoci ansanti e non solo per l'altura, raccontando la tua strana felicità, cercando amici vicini e lontani, alla tua maniera, spesso interpretata male. Forse era ai Giochi di Mosca, quelli della rimonta dorata sul gallese Wells che ci parlasti dell'Eraclio, il gigante in bronzo di corso Vittorio Emanuele dove Eusebio Haliti e Veronica Inglese volevano sistemare la pista per far correre i ragazzini di Barletta. Ti piaceva quella statua che, molto prima della pistina, era stata derubata di gambe e braccia per farne delle campane.
Ora, grande campione, dal paradiso dove certo borbotterai, vedendo il film sulla tua vita tormentata, dalla nuvola dove, di sicuro, Carlo Vittori, l'uomo che ti ha portato nella dimensione aurea dei primatisti, vorrebbe ancora una lambretta angelica per farsi inseguire, sorriderai commentando questo furto infame.
Bello rivederti sorridere, dopo averti visto urlare al mondo che i limiti esistono solo per chi si arrende, si lamenta di non avere una pista, si giustifica
perché quando la fatica vera dell'allenamento fa vomitare torna in spogliatoio, mentre tu restavi a riprovare sotto il sole, nelle ombre della sera, su quell'anello di Formia, anche se per gli altri erano giorni di festa.
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