Meno male che c'è Marini. L'oro che riporta la scherma al centro

Nel fioretto, impresa dell'azzurro nel giorno in cui la guerra Russia-Ucraina avvelena il campionato

Meno male che c'è Marini. L'oro che riporta la scherma al centro
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Un ragazzo del Duemila nato ad Ancona, un ragazzo del «carpe diem» racconta lui, un ragazzo dal fioretto d'oro. Tommaso Marini si è presentato così ad un mondo che già lo conosceva, ne aveva scrutato la modernità fatta di unghie smaltate, orecchini e anelli ciondolanti, capelli raccolti a cipolla, il vezzo di godersi tutto quanto fa moda. Certo, non uno schermidore vecchio stile. «Così alti non ce n'erano», ha sintetizzato Stefano Cerioni che nella scuola di Jesi lo ha svezzato e cresciuto dopo averlo pescato ad Ancona nel 2009. «Lui così nuovo e così mediatico», fotografa il ct. «Certo, mi sento il volto nuovo della scherma. E tanto altro: mi piacciono i vestiti, il look nuovo. Ho tanti tatuaggi, ma non vi dico il prossimo: lo scoprirete vedendomi nudo», risponde l'allievo.

Capirete che un tipo così davanti ad antichi (e moderni) parrucconi della scherma rischia solo di far sgranare gli occhi. Intanto c'è riuscito sulle pedane del mondiale milanese. Medaglia d'oro nel fioretto di immortale tradizione. Tommaso ha trascinato al tifo da stadio il palazzo del Mico, gestito la giornata infilando avversari su avversari e riservando il dolce nel finale: battuto Macchi, il compagno di azzurro negli ottavi, ha consumato la rivincita del mondiale scorso al Cairo quando il fisicato francese Leffort lo aveva sconfitto all'ultima stoccata in finale. Qui il nostro si è fatto forte, furbo e più bravo. «Allora fu un bellissimo argento, questo era il momento giusto per l'oro». Appena in tempo perché un problema alla spalla destra, un legamento rotto lo costringerà all'operazione il 2 agosto. «Sarà lo zucchero che addolcirà la pillola». Cerioni lo ha gestito come un cristallo per non perderlo prima. E non solo. Sono già due tre volte che il ragazzo minaccia di ritirarsi. «Mi piace la normalità, lo sport ad alto livello non lo è. Ecco perché penso sempre di andarmene». Il ct non gli crede, però meglio tenerlo sotto controllo. Certamente ieri, mentre l'ostico americano Nick Itkin (bronzo al Cairo) lo teneva sotto pressione con il fioretto, il nostro sentiva emozione. «I miei soliti up and down mentali, ma era un momento magico davvero». Ci volevano tensione ed attenzione. Nella testa frullavano pensieri. «Perché - spiega - un campione deve lasciare qualcosa della sua umanità, non solo successi di sport».

Giovane ma già così «up and down» appunto. Gli amici lo chiamano Nick Drama, figlio delle sue ansie. Perfino troppo distratto. «Litigo spesso con me stesso» ha raccontato davanti a cronisti e microfoni.

Invece, sulla pedana, ha trovato modo di regalare lo stesso punteggio definitivo agli ultimi due avversari: 15-13. Li ha fatti sperare, mai illudere. Ragazzo che forse non sarà il nuovo mediatico Montano, però produrrà sensazioni.

Fra i desideri mette l'oro olimpico. Però subito aggiunge: «Chissà se andrò a Parigi. Magari mi ritiro». Figlio di quella immagine che gli piace tanto: in equilibrio sopra la follia. Così il suo oro non potrebbe esser meglio conservato.

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