Milan, Ibra cambia la musica. Basta la sua presenza per vincere

Sul caso Leao: "Sto giocando gratis per dare di più a lui..."

Milan, Ibra cambia la musica. Basta la sua presenza per vincere

Ibra è stato di parola. «Adesso torno e cambia la musica» promise qualche settimana fa prima di far tremare ancora una volta San Siro dalle fondamenta al suo riscaldamento e alla partecipazione finale della sfida con l'Atalanta chiusa dal sigillo di Messias. La musica del Milan è cambiata improvvisamente e dalle stecche del mese di gennaio è passato agli acuti del mese di febbraio, chiuso domenica notte con quel rotondo 2-0 sull'Atalanta disarmata e lasciata sei punti dietro.

Non è stato un miraggio ma probabilmente l'ultima sfida alle leggi del calcio e della natura fin qui codificate da limiti anagrafici invalicabili. Ibra è tornato in attività vestito da calciatore e con i panni del motivatore collettivo tagliando un record per la serie A (prima di lui solo Costacurta aveva oltrepassato le colonne d'Ercole dei 41 anni) e segnalandone un altro rimasto sotto traccia. Dal giorno della sua prima convocazione, col Toro, il Milan ha infilato quattro successi consecutivi che sono di sicuro la conseguenza di altri virtuosi fattori (recupero di condizione fisica, rilancio di giovani reclute, cambio del sistema di gioco) ma la suggestione è molto grande e si combina perfettamente con le parole di Zlatan. «Se sto come oggi continuo a giocare ancora per qualche anno» la promessa fatta davanti alle telecamere di Pressing. Stato d'animo fondamentale perché poi a indagare meglio viene fuori, a sentire ancora Ibra, che «fino a qualche settimana prima le sensazioni non erano buone, poi è successo qualcosa e ho fatto progressi più che negli ultimi otto mesi».

Più che i pochi minuti con l'Atalanta, scanditi da un nervosismo inedito per le abitudini del personaggio, è l'umore prodotto, combinato con il risultato convincente, ad aver restituito al Milan e al suo immediato futuro un fuoriclasse che sembrava piegato dagli acciacchi e dai tormenti post-operatorii. «Ho sofferto tanto ma so che posso fare ancora la differenza» la convinzione ritrovata più preziosa della salute fisica e confermata da quella sensazione («faccio saltare lo stadio») provocata nei 75 mila di San Siro oltre che dall'effetto trascinante esercitato presso lo spogliatoio di Milanello («voglio dare concorrenza ai miei colleghi»).

Ecco allora l'Ibra di sempre che si riaffaccia all'attualità del campionato e al presente del Milan con quella frase che può sembrare una candidatura ed è invece soltanto il prossimo step di questo uomo fuso nell'acciaio di un fisico pazzesco («se devo giocare 5-10 minuti stavo a casa, io devo giocare tutta la partira») e alle prese con l'incubo di dover smettere i panni dell'atleta. La tenerezza di un ricordo intimo («se Raiola fosse qui sarebbe orgoglioso di me») alla fine fa rima con una annotazione riferita al freddo della trattativa tra il club e Leao e non ha sprecato parole rassicuranti.

«Ho abbassato il mio stipendio per dare di più a lui, cosa vuole anche la casa? Io sto giocando gratis» la conclusione della domenica speciale di Ibra, quasi perfetta e che ha già un ponte sui prossimi impegni, due viaggi uno più complicato dell'altro, a Firenze nel fine settimana e poi a Londra per regolare il conto col Tottenham di Conte.

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