Il Milan riscopre i gol del Papero e scaccia i fantasmi

Pari in rimonta con il Malaga: ora basta battere lo Zenit. Partita l’operazione Guardiola, il fratello è a Milano

In Champions, a San Siro, il Mi­lan non sa più vincere. Men che me­no al cospetto degli spagnoli. Se­condopareggioconsecutivodome­stico, questa volta incassato col Ma­laga, capolista del girone. Ma forse non è proprio un risultato da accar­toc­ciare e lanciare nel cestino dei ri­fiuti.

Perché il successo dell'Ander­lec­ht sullo Zenit può offrire all'ex ar­mata berlusconiana l'occasione per qualificarsi, come seconda na­turalmente, agli ottavi di finale: ba­sta ancora un piccolo sforzo, e ma­gari un successo nella sfida contro Spalletti alla fine del mini-torneo per chiudere i conti in positivo. Que­sto pareggio ha un sapore meno amaro di altri. Forse perché sa an­che di riparazione di una sconfitta rovinosa maturata a fine primo tempo e scolpita fino all'ultima par­te della ripresa, prima dell'acuto, l'unico, di Pato.

Forse perché segna il ritorno al gol del suo figliol prodi­go brasiliano, tenuto in campo da Allegri a dispetto di una prova non certo esemplare, per impegno, per resa e per contributo alla patria. Ma Pato è un vecchio amico del gol e ba­sta servirlo in qualche modo, come capita a Constant nella ripresa, con un cross veleggiato di quelli di una volta, per fargli ritrovare la strada maestra. E anche l'1 a 1 che può scacciare dall'orizzonte altre mi­nacciose nubi e tenere la qualifica­zione in vita.

D'accordo, il Malaga non è il Chievo ma qui la differenza, nel pri­mo tempo, viene scavata dal portie­re. Perché Caballero, Willy per gli amici e il tabellino Uefa, devia in an­golo, a metà della prima frazione, due sinistri velenosi, uno di Bojan dal limite, l'altro di Emanuelson, stessa distanza, ma su punizione, e tiene in partita gli andalusi che co­noscono l'arte raffinata del palleg­gio ma anche la vecchia tattica del contropiede esaltato sul finire del tempo dalla giocata di Isco e conclu­so dall­a stoccata di Eliseu sull'usci­ta di Abbiati.

Caballero frena la mi­gliore espressione stilistica del Mi­lan (anche El shaarawy per non ri­sultare da meno dei suoi due eccel­lenti sodali sbatte contro il fianco di uno spagnolo a porta spalancata), Abbiati non riesce a opporsi alla sti­lettata dell'ex laziale. La differenza è tutta qui, per esemplificare ma for­se c'è anche dell'altro. A comincia­re dalla perdita secca di Abate (al primo scatto della sera, nemmeno 2 minuti di tempo, si procura uno stiramento) per finire al discutibile rendimento di Pato che comincia a indispettire anche quei rari tifosi ar­rivati allo stadio. Nella differenza emerge anche la qualità stessa del Malaga e del suo calcio molto geo­metrico che ricorda da vicino il Bar­cellona di Guardiola.

A proposito: per una volta non è il caso di crede­re alle smentite ufficiali, così veloci e immediate (pubblicate sul sito) da risultare una sorta di conferma indiretta. La presenza a Milano, nel­lo stesso ristorante frequentato da Galliani, del fratello di Pepp, ac­compagnato da Estiarte, segna uffi­cialmente l'inizio dell'operazione Guardiola ispirata a suo tempo da Silvio Berlusconi, spuntato a sor­presa in tribuna, accompagnato da Flavio Briatore di ritorno da Malin­di. Che qualche ora prima, da Adria­no Galliani, sia arrivata la frase sul futuro di Allegri («ha il contratto per un altro anno») significa poco, anzi niente.

Perché il credito del li­vornese, dalle parti di via Turati, è da considerarsi esaurito. Al pari del­la stima del pubblico che segnala una protesta clamorosa all'atto del­la sostituzione di El Shaarawy (in ef­fetti non molto lucido eaffaticato) con Boateng. Forse non tanto per l'arrivo dalla panchina di una forza fresca ma dell'esclusione dell'uni­co pupillo del popolo rossonero.

Il Malaga non è il Chievo fragile e ingenuo di sabato scorso eppure il Milan può trovare in uno dei suoi at­tacchi meno convincenti della ri­presa l'occasione per riparare al vantaggio spagnolo e rimettere co­sìintraie­ttoriagiustalaqualificazio­ne in Champions. Pato, il più atteso e fino a quel momento il più discus­so dei suoi, riemerge dal lungo letar­go durato quasi un anno (ultimo si­gillo rossonero datato 6 dicembre 2011) per riprendere confidenza col gol. È lui l'uomo della provviden­za: si ritaglia il posto giusto, al mo­mento giusto, sul lungo cross di Constant ricacciato in rete di testa.

Cancellati così, con un tratto solo, d'incanto quasi, i difetti più noti del Milan di Allegri, nella costruzione del gioco in particolare, riemersi puntualmente dinanzi alle nuove curve della sfida.

E nascosti fino a quel punto dalla tenuta di Montoli­vo o dalle giocate di Bojan, meno lu­cido e incisivo alla distanza. Alle ul­time, generose cadenze milaniste, dettate più dalle energie rimaste che da un copione affidabile, può partecipare senza lasciare una grande traccia anche Robinho.



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