Ma serve proprio Ibra? E ancora: servono davvero altri rinforzi a questo Milan che fin dalle prime uscite di fine luglio ha sedotto critici e tifosi? Il dibattito è aperto da qualche giorno e ha già messo uno di fronte all'altro i due opposti schieramenti con qualche ragione per parte e con qualche dimenticanza, naturalmente nel partito dei conservatori. Già perché è evidente lo scarto tra il Milan arruffone, impacciato e capace solo di contropiede del precedente anno rispetto a quello quadrato, aggressivo, allestito da Mihajlovic dopo tre settimane di duro e intenso lavoro. Ma non è ancora sufficiente per stabilire lo spessore del prossimo Milan chiamato, dalle spese sul mercato e dalle attese del nuovo socio asiatico, a competere per il podio del campionato, strizzando l'occhio alla Champions league. Passare dal decimo posto al terzo non è un salto così semplice aggiungendo organizzazione, intensità, rigore tattico e tre rinforzi, non tutti di primissimo piano come Bertolacci, Luiz Adriano e Bacca. È vero, il colombiano ha già rubato l'occhio e giovedì notte, in Cina, appena è rientrato in albergo dopo l'errore dal dischetto contro il Real, ha trovato Adriano Galliani pronto a ricordargli un precedente illustre, molto illustre. «Weah, appena arrivato al Milan, sbagliò il rigore del trofeo Berlusconi, proprio come te» ha rievocato l'ad rossonero che non a caso ha citato il centravanti liberiano. Da quel giorno il Milan non ha più avuto un attaccante centrale così veloce come Carlos.
Eccoci dunque al nodo della questione: il Milan non può, non deve e non vuole fermarsi. Da oggi, appena sbarcato di ritorno da Pechino (con scalo a Dubai), Adriano Galliani può rimettersi al lavoro per realizzare i suoi notissimi tre obiettivi che sono e restano Romagnoli (per la difesa), ma senza alzare la posta come sostengono dalle parti di Trigoria, Ibrahimovic per dare alla squadra e allo spogliatoio un leader nel quale riconoscersi, Witsel, il centrocampista dello Zenit, la chiusura perfetta del cerchio. Più che di Romagnoli, come hanno dimostrato le prime prove al cospetto di Inter e Real Madrid (Rodrigo Ely ha superato l'esame di maturità, Mexes e Zapata non sono da buttar via come è apparso qualche mese fa), al Milan è utile, anzi indispensabile Ibra per qualche motivo assai comprensibile. In sintesi: 1) perché da solo marca la differenza rispetto alle altre squadre; 2) perché allarmati dal feeling tra Raiola e Galliani molti sostenitori della Roma hanno preso a suggerire a Sabatini di cambiare cavallo, lasciando a terra Djeko e puntare sullo svedese; 3) perché il Milan attuale ha bisogno di un capo-branco capace di guidare qualche ragazzo promettente nelle curve della stagione; 4) perché c'è bisogno di un gigante in una squadra che non ha molti centimetri da spendere in difesa e centrocampo. Certo non è un negoziato semplice, non dipenderà mai dal Milan ma soltanto dal PSG che può privarsene solo dopo la sfida col Lione e l'arrivo ufficiale di Di Maria, eppure Mihajlovic e Galliani non hanno perso la speranza.
A sentir parlare di un centrocampista da aggiungere ai 7 già in rosa, a Galliani vengono gli stranguglioni ma la qualità di Witsel è tale da giustificare l'eventuale sacrificio economico anche se lo Zenit non è disposto a fare sconti. In questo caso è lo staff del belga a spingere per un cambio di calcio e di paese e a mettere pressione ai dirigenti di San Pietroburgo.
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