Milano - Il capitano, leader indiscusso sul campo da gioco, nello spogliatoio ma anche fuori dal contesto agonistico. Un ruolo che ha una sua importanza, per il quale serve carisma e personalità. Caratteristiche che, a Milano, l'ultima generazione di calciatori sembra aver smarrito. Perché indossare i gradi, quella fascia stretta attorno al braccio sinistro, spesso può tramutarsi in una vera e propria maledizione.
La Milano calcistica s'intristisce ripensando a Javier Zanetti da una parte e Paolo Maldini dall'altra, gli ultimi grandi interpreti del ruolo. Gente che in campo come fuori sapeva trainare il gruppo e diventarne guida quasi spirituale. La storia recente insegna che, dopo i loro addii, indossare la fascia ha voluto dire soprattutto sobbarcarsi solo problemi.
In casa Milan dopo Franco Baresi (1997) e Paolo Maldini (2009) nessuno è mai stato all'altezza dei predecessori: da quel momento la fascia è passata sul braccio di molti giocatori senza però portare fortuna. L'ultimo a farne le spese, in ordine temporale, Mattia De Sciglio, vittima prima dei fischi di San Siro al momento della sostituzione durante Milan-Empoli, poi di un'aggressione fisica alla sua auto da parte di alcuni esagitati nel parcheggio dello stadio. In precedenza il malocchio aveva colpito anche Ignazio Abate e Riccardo Montolivo, giocatori che non sono mai riusciti a conquistare il cuore dei tifosi del Milan e sono rimasti vittime, oltretutto, di molti stop fisici. Se l'era cavata Massimo Ambrosini, l'ultimo ad aver festeggiato lo scudetto in casa rossonera con la fascia al braccio, per il quale le contestazioni sono iniziate solo dopo aver lasciato il club. Rimane da chiedersi cosa farà domani a Crotone Vincenzo Montella, visto che De Sciglio sarà squalificato e quindi bisognerà trovare un nuovo capitano: in attesa di consegnare la fascia a Donnarumma (nella speranza che resti in rossonero), tutti gli indizi portano a Gabriel Paletta. Una scelta che, si spera, possa essere migliore di quella che fece nel 2014 Clarence Seedorf, quando affidò senza troppa fortuna i gradi al francese Philippe Mexés.
Anche sull'altra sponda calcistica del Naviglio, però, le pagine di storia non raccontano di gesta eroiche, anzi: dopo Zanetti, sono stati Ranocchia ed Icardi i due giocatori chiamati in causa a ricevere un'eredità tanto pesante quanto scomoda. Ed entrambi, in modi differenti, hanno accusato questo peso e tradito chi ha riposto in loro fiducia, vale a dire Roberto Mancini e Stefano Pioli. Sul primo ha influito il clima non proprio idilliaco attorno alla squadra e una personalità forse fin troppo contenuta. Tanto che Mancini, ad un certo punto, gli preferì un leader sicuro di essere titolare e non in dubbio ogni giornata per qualche errore della domenica precedente, promuovendo lo stesso Icardi.
Quest'ultimo, però, dopo un buon inizio è incappato in alcune scelte soprattutto comunicative discutibili: prima il siparietto sul rinnovo del contratto in estate, poi il caos creato con la pubblicazione della sua biografia, lo scontro con i tifosi e l'incapacità a trainare la squadra a suon di gol anche lontano da San Siro.
A proposito di bandiere interiste, invece, sembra ormai delineato il ritorno a casa di Lele Oriali, un ex che non è mai stato capitano ma è stato certamente un leader
nerazzurro per tredici anni. L'accordo con l'attuale team manager azzurro è in dirittura e staremo a vedere quanto il suo ritorno potrà influire sulla scelta dell'allenatore. Di certo Oriali è più vicino a Conte che a Spalletti...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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