Possono bastare 448 giorni per prendersi il trono della pallavolo mondiale. Tanto ha impiegato Simone Giannelli, capitano dell'Italvolley e palleggiatore della Sir Safety Perugia, per portarsi a casa una triplice corona da libri di storia: prima l'Europeo e il Mondiale in maglia azzurra, poi il Mondiale per Club con Perugia, vinto in Brasile nel derby in finale con Trento. Il tutto condito dal premio di miglior giocatore conquistato in tutte e tre le occasioni. Se non è un record poco ci manca, a testimonianza di una dimensione da leader assoluto e trascinatore che, a soli ventisei anni, lo ha ormai consacrato come uno dei pallavolisti più forti al mondo.
Europeo, Mondiale e Mondiale per Club. Tre titoli, tutti da MVP: un filotto storico.
«La mia ambizione è quella di vincere il più possibile con Perugia e con la Nazionale, piuttosto che conquistare i premi individuali. Certo, se con i trofei arrivano anche questi titoli ben venga. Ma i riconoscimenti personali rappresentano comunque un contorno rispetto ai successi di squadra, che sono il vero obiettivo di ogni atleta. Il Mondiale per Club è stato il primo trofeo internazionale di Perugia, e sono molto orgoglioso di aver dato il mio contributo per raggiungere un traguardo storico per la nostra società».
Una partita particolare: derby italiano, da grande ex e contro tanti compagni della Nazionale.
«Ormai è passato un anno e mezzo dalla mia partenza da Trento, e la scelta di venire a Perugia si sta rivelando azzeccata sotto tutti i punti di vista. Ambiente, staff e squadra sono eccezionali, ingredienti perfetti per fare pallavolo ad altissimo livello. Il fatto che il Mondiale per Club sia stato un derby italiano, con tanti azzurri in campo a giocarsi un trofeo così importante, rappresenta l'ennesimo segnale positivo per il nostro volley e per il nostro campionato, che si è confermato ancora una volta tra i migliori al mondo. Sia noi che Trento abbiamo battuto avversari di grande valore in maniera abbastanza netta, e credo che tutti i miei compagni di nazionale (li chiama i miei ragazzi, da vero condottiero azzurro, ndr.) abbiano espresso un livello di gioco altissimo. Segnali che non possono che essere di buon auspicio per il futuro del nostro movimento».
De Giorgi in Nazionale, Anastasi a Perugia: quanto è importante la guida di due miti azzurri?
«Parliamo di due leggende, che da giocatori prima e da allenatori poi hanno segnato un'epoca, tracciando il solco per le generazioni successive. È anche grazie a loro se il nostro volley ha raggiunto l'élite mondiale, e dalla panchina riescono a trasmettere quelle sensazioni che soltanto chi ha affrontato partite di un certo livello può conoscere. Sono accomunati dalla capacità di infondere serenità anche nei momenti più complicati, è una fortuna poter essere allenato da due figure così ed è anche grazie a loro che sto crescendo come atleta e come persona».
Diventando così un top player mondiale.
«Uscire dalla comfort zone della regione dove sono nato e del club in cui sono cresciuto mi ha portato a maturare, come succede quando ci si confronta con nuove realtà e nuove situazioni. Lo stesso effetto che mi ha fatto il ruolo da capitano in Nazionale: quando senti la fiducia dell'ambiente, del coach e dei compagni, le prestazioni individuali sono una naturale conseguenza. E credo si sia visto sia con l'Italia che con Perugia».
Con Supercoppa e Mondiale per Club la stagione è iniziata come meglio non poteva.
«Vero, ma proprio perché siamo soltanto all'inizio non possiamo sederci sugli allori. Abbiamo vinto due trofei e stabilito il record di punti nel girone d'andata in campionato, ma i record non sono garanzia del successo finale. Personalmente, poi, preferisco concentrarmi sul presente, senza farmi portare troppo lontano dall'emozione delle vittorie o dalla delusione delle sconfitte. Sappiamo di avere ancora tanto lavoro da fare e tanti dettagli da migliore. Cerco di essere portatore di questa mentalità in spogliatoio, e non c'è miglior riscontro del vedere i miei compagni spingere ancora di più dopo ogni vittoria. È così che si costruisce una cultura vincente, quella che potrà portarci a centrare tutti i nostri obiettivi».
Senza dimenticare l'Europeo 2023 con la Nazionale, da padroni di casa.
«Nelle finali di Nations League a Bologna, la scorsa estate, abbiamo sofferto un po' la pressione. Normale, per un gruppo giovane che si è trovato per la prima volta a giocarsi un trofeo importante davanti al proprio pubblico. Dovremo imparare, come squadra e come gruppo, a portare dalla nostra parte tutta l'energia e la passione che ci daranno i nostri tifosi».
Da campioni del mondo in carica, poi, sarete la squadra da battere.
«Quest'anno siamo arrivati al Mondiale da campioni d'Europa: gli avversari ci attendevano al varco, ma siamo comunque riusciti a portare a casa il titolo. Se devo essere sincero, questo tipo di pressione non ha mai rappresentato un problema durante tutta la mia carriera. Anzi, quando ci sono aspettative alte significa che sta andando tutto bene, semmai è quando mancano che bisogna iniziare a preoccuparsi.
Giocando l'Europeo in casa, a maggior ragione, quello della pressione sarà un fattore col quale dovremo convivere. Ma questa Nazionale può contare su un bel gruppo, sano e di grande carattere, e sono sicuro che sapremo trasformare in energia e motivazioni ulteriori la spinta e il tifo del nostro pubblico».
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