Il Napoli di AdL e Spalletti: dai botti alla polveriera

Presidente nel mirino dei tifosi, ma sullo sfondo c'è anche la vicenda premi scudetto e Champions

Il Napoli di AdL e Spalletti: dai botti alla polveriera

Dicesi scoppola un colpo dato a qualcuno, con la mano aperta non del tutto stesa, nella parte posteriore della testa. Se i colpi sono quattro allora si trasformano in una mazzata e al Maradona di Napoli non è accaduto soltanto in campo. Se le sono date e dette di ogni, sui famosi spalti dello stadio che fu di un apostolo santo prima di essere dedicato a un'altra divinità, questa però di popolo. Il Napoli le ha buscate e allora giù botte tra i tifosi che urlano contro De Laurentiis, accusato di ogni colpa e infamia, con striscioni rozzi e cori altrettanto vili. Il presidente sta cercando di bonificare l'impianto ma fa i conti con una ciurma che non accetta di essere espropriata, venendo a mancare uno dei suoi gettiti. Voci di dentro riferiscono pure di malumori tra i calciatori per la solita questione di soldi, premi per scudetto e cammino in Champions league, milioni veri, insomma tutto quello che lo stesso De Laurentiis ha appena definito: «volgare denaro» che però sta al centro del calcio-finanza, nuovo sistema che domina il mondo, dalla Fifa in giù. Una sconfitta non può dis-fare primavera ma crea incertezze improvvise e toglie la maschera, non quella di Osimhen, ma al carattere dell'allenatore i cui fili scoperti spuntano puntualmente al primo accenno di difficoltà. Sulla professionalità del certaldese nessun dubbio, sulla sua educazione e rispetto dell'avversario, soprattutto quello sconfitto, esiste, contrario, una letteratura fiorente. La breve baruffa con Maldini e Leao, nel tunnel dello spogliatoio, ribadisce lo storico del tecnico capolista ma è paradossale di come il Napoli e Napoli siano capaci di rovinare una festa sicura, direi garantita al limone per restare in zona, una stagione quasi perfetta, nei risultati, nella qualità del gioco, nell'atmosfera, nello stesso silenzio, imprevisto, del presidente. Di colpo, la strana prestazione di domenica sera, l'inquietudine di ogni singolo calciatore, che non può essere giustificata dall'assenza del nigeriano che già in altre occasioni era stata dimenticata da vittorie e gran football, sono tutti segnali di fumo nero e non fuoriescono dal Vesuvio. Ci deve essere altro in questo momento napoletano, senza ricorrere al solito repertorio eduardiano o di De Curtis, qualcosa di impercettibile e fastidioso che però ha preso a circolare nei vicoli e sui social, che sono poi la stessa cosa ormai, una crisi di rigetto a Spallettòne e a Delaurè che se ne devono andare, secondo usi e costumi di chi ha poca memoria e anche fragile, perché ha dimenticato in che condizioni si fosse trovato prima che il produttore cinematografico rilevasse il club e dove il Napoli stia oggi, di bilancio contabile e tecnico. Ciò non toglie i limiti dello stesso De Laurentiis, spesso debordante e ultrà, nei toni e nel linguaggio, verso chiunque gli si pari dinanzi, soprattutto giornalisti, ma comunque stabile padrone in un mondo di debiti e finanze drogate.

C'è molto ancora da fare e il calcio Napoli dovrà andare oltre quello che gli ronza attorno. Sarà questo il suo vero scudetto, prescindendo da Spalletti e da altri attori dell'ennesima e inutile sceneggiata. Basta aspettare la Champions. Però sarà di nuovo il Milan.

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