Nel diretto confronto con la Ferrari, in questo Gp degli Usa, la Mercedes ha sistematicamente manifestato una leggera ma netta superiorità di motore e si può sostenere che la grande difensiva del Cavallino sia stata ottenuta con un buon assetto da gara, per accentuare la motricità.
Soltanto secondaria è apparsa l'influenza dell'utilizzo-pneumatici, che solo in brevi tratti ha dato segni negativi sulla macchina di Vettel e non su quella di Raikkonen. Il rammarico maggiore è stato proprio per la difficile condizione iniziale, dopo una promettente partenza al comando. Tecnicamente, infatti, bisogna rilevare che questo Gp degli Usa ha ribadito la lieve superiorità velocistica della British-Mercedes, ma, rispetto al passato e alla trasformazione 2017 delle gomme molto larghe, ha consentito alla Ferrari, negli ottimi equilibri di potenza, una accentuazione nel campo delle medie e basse velocità.
Basti pensare che dalle punte dei 337 km/h massimi dell'anno scorso, si è scesi a circa 326 km/h, con le deportanze molto accresciute e le conseguenti potenze resistenti di maggiore entità. Anche la Mercedes d'Inghilterra ha corretto i termini, da circa 334 a 331 km/h, ma, con una Ferrari più insistentemente rivolta alla motricità e agli sforzi di trazione nel settore misto, i risultati sono stati soddisfacenti. E nelle configurazioni aerodinamiche da gara le scelte dei tecnici di Maranello sono state positive.
In
definitiva, si può affermare che le perdite sul lungo rettifilo di Austin non sono state così negative come le teorie avrebbero accreditato, mentre nelle accelerazioni fuori dalle curve più lente la rivalsa non è mancata.
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