"Pronta per un'altra stoccata. Fare crescere con lo sport i giovani che vivono nel quartiere del disagio"

Oggi la campionessa icona della scherma compie 50 anni: "Vorrei essere un esempio per i miei figli e con la Polizia opero in un progetto di recupero sociale"

"Pronta per un'altra stoccata. Fare crescere con lo sport i giovani che vivono nel quartiere del disagio"
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Entra il 50 nel collier dei numeri da record di Valentina Vezzali. Eravamo fermi a 6 ori olimpici, 9 podi, 16 mondiali, 26 podi, 13 europei, 30 titoli italiani. 50 sono gli anni che compie oggi: Valentina nel giorno di San Valentino.

Bella idea del destino?

«Veramente mio papà voleva Guido, un maschietto. Io ero la terza femmina. Mia mamma puntava su Jessica, poi è arrivato il ginecologo ed ha consigliato Valentina. Così, disse, con una scatola di Baci Perugina ve la cavate per tre regali: compleanno, onomastico e festa del Santo».

E com'è finita col papà che voleva un maschio?

«Il giorno dopo mi ha preso in braccio e sono diventata la sua Principessa. È scomparso presto, avevo 15 anni, però come mi avesse accompagnato per raggiungere quello che sognavamo».

Valentina cosa sognava?

«Da bimba mai avrei immaginato di raggiungere così tanti traguardi. Benché sognassi di lasciar il segno. Quando ho ricevuto la laurea honoris causa per il management, laurea cui tengo molto, mia sorella mi detto: Valentina, non ti sei fatta mancare niente».

Sintesi dei primi 50 anni: rose e fiori. O fioretti?

«Ho fatto tanto e sono felice. Mamma mia! Già a 40 anni era tanta roba. Ed ora si ricomincia con nuovi stimoli e altri traguardi».

Quali traguardi?

«Essere la mamma che segue figli in crescita: Pietro andrà all'Università. Andrea, che gioca a pallone ed è determinato come me, farà le medie. Io lavoro con le Fiamme oro, la Polizia di Stato: curo la gestione burocratico-amministrativa, curo sezioni di sport giovanile e il pentathlon nella parte schermistica. Ci occupiamo di zone disagiate: da Caivano al quartiere Zen di Palermo. Servono impianti. Vogliamo far crescere i giovani nello sport e nella legalità. In assoluto servono esempi positivi, campioni. Sinner è uno di questi».

E la politica? Porta chiusa o socchiusa?

«Ora mi occupo di altro. La politica è stata una esperienza bellissima dove ho portato avanti progetti. E sono arrivata al risultato: l'insegnante di scienze motorie nella scuola primaria, la riforma del lavoro sportivo. Ho infranto un muro, senza questa legge il mio maestro Triccoli ha dovuto lavorare per hobby, il maestro Tomassini è emigrato in Francia. Ho collaborato anche per l'inserimento dello sport nella Costituzione con l'articolo 33».

Resta storia la frase cult detta a Berlusconi: «Presidente da lei mi farei toccare».

«Ora ho 50 anni, guardiamo avanti e voltiamo pagina».

Invece il suo pensiero cult?

«Nulla è impossibile. Se ci credi puoi fare grandi cose. Il consiglio? Credere sempre, arrendersi mai».

Un consiglio per l'Inter di cui è tifosa?

«Possiamo toglierci belle soddisfazioni e non lascerei indietro niente: scudetto e Champions».

Il suo è un tifo di famiglia?

«Deriva dai miei nonni materni e paterni. Per Natale ho regalato ai miei figli la maglia di Thuram con firma. Se l'Inter perde, in casa cambiano gli umori. La svolta c'è stata con Mancini e Mourinho. Anche Beppe Marotta ha dato una bella impronta».

Dal tifo ai rapporti non sempre tranquilli con compagne e avversarie...

«Il 26 aprile 2016, nell'ultima gara, le avversarie sono salite in pedana per farmi festa. Tutte, dico tutte, le avversarie mi hanno aiutato a superare i limiti. Senza di loro non sarei riuscita a diventare quella che sono stata. La rivalità era in pedana, poi c'era rispetto. Così con le compagne: lotti per un oro, giù la maschera e pensi a dare una stoccata. Vincere o perdere: non c'è alternativa. I successi più belli sono nati dalle sconfitte più cocenti».

Aggressiva, grintosa, energica: come definirla?

«Il maestro diceva che la mia fragilità era il punto di forza. Mi sono sempre messa in discussione».

Ecco Parigi 2024, tra politica e attese. Nostalgia?

«Quando dico Olimpiadi mi batte il cuore, ne ho disputate 5, vinto ori, sono stata portabandiera: ho fatto tutto quello che potevo. Dico Olimpiadi e penso ad un bel cielo azzurro con il sole. Poi, sulla partecipazione di Russia e Bielorussia, valgono le regole del Cio. Nello sport si rispettano le regole».

E l'azzurro Italia? Quello della scherma?

«Abbiamo tre talenti giovani: i fiorettisti Marina Favaretto e Tommaso Marini, lo spadista Davide Di Veroli. Forti e con grande testa. Penso Italia e dico: cielo azzurro, tanto sole, tanto tricolore».

E mamme in pedana. La Errigo del fioretto per tutte...

«Arianna e Irene Vecchi nella sciabola. Anche io, da mamma, ho sfatato un tabù vincendo i mondiali di Lipsia 2005: ero 30 kg fuori peso, in 2 mesi e mezzo ce l'ho fatta. Da allora Federazione internazionale e Coni hanno varato regole a favore delle neo-mamme».

I

prossimi 50 anni di Valentina?

«Sono felice di aver reagito sempre ed essermi rialzata da qualunque difficoltà. Vorrei essere d'esempio ai miei figli. E mai smetterò di lavorare per lo sport: per renderlo più bello».

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