Olimpiade, ci mancherai. Hai reso tutti noi migliori, più forti e felici

L'Italia record e multietnica delle 40 medaglie con podi ogni giorno ha sfilato guidata da Jacobs

Olimpiade, ci mancherai. Hai reso tutti noi migliori, più forti e felici

Da invidiosi siamo andati a piangere dietro una statua di sale mentre si spegneva il fuoco della trentaduesima olimpiade, quella della resurrezione di un'idea. Tenendo il viso mascherato rivolto sempre verso il sole tutti i grandi protagonisti hanno scoperto che le ombre cadevano dietro di loro. Ombre che ci accompagneranno ancora, ma intanto i migliori atleti del mondo, eh sì, sul podio sono andati campioni di 93 Paesi, hanno provato a dirci che bisogna sconfiggere il pessimismo della ragione e credere nell'ottimismo della volontà. Cinquemila atleti per la cerimonia di chiusura, il passaggio della bandiera olimpica da Tokyo ad Ana Hidalgo de Germain, francese di origini andaluse, sindaco di Parigi che fra tre anni ospiterà i Giochi già celebrati nel 1924 a Colombes. Una marcia seguendo l'inno al sole, fra danze popolari giapponesi, con più allegria rispetto alla timorosa vigilia sempre davanti al principe ereditario.

L'Italia, rappresentata nella sfilata delle bandiere da Marcello Jacobs e in quella della gratitudine olimpica per i volontari da Federica Pellegrini, entrata come dirigente nella famiglia del CIO dopo il giuramento del mattino, danzava sentendo da lontano il presidente del Coni Malagò che dopo il bronzo delle farfalle nella ritmica festeggiava il record di 40 medaglie conquistate da una rappresentativa multietnica e super integrata, tutte le regioni rappresentate, orgoglio di una organizzazione che da sette anni lavorava per non improvvisare, prenotando il buen retiro di Tokorozawa a 30 chilometri dal braciere dello stadio olimpico. Ci mancheranno le notti magiche e le albe frenetiche. Sicuramente anche al Giappone che ha resistito e si è inchinato, a parte qualche contestatore anche prima della chiusura, il Paese della cortesia che dopo Jacobs, Tamberi e la staffetta cercava soltanto cibo italiano.

Ci mancheranno giornate dove una medaglia al giorno toglieva ogni nostalgia, domandandoci tutti come è stato possibile in un Paese che ancora tiene lo sport lontano dalla scuola, chiedendosi, come Malagò, se non sarebbe stato possibile far meglio potendosi occupare soltanto delle federazioni e dell'agonismo, senza dover giustificare o combattere per garantirsi l'autonomia, senza mettersi in ginocchio per evitare la burocrazia al momento di dare permessi, passaporti, aiuti concreti, nella speranza di poter organizzare oltre ai Giochi invernali di Milano Cortina nel 2026 anche tante altre manifestazioni. Aspettando il 23 settembre quando il presidente della Repubblica riceverà i medagliati di Tokyo, sediamoci a guardare la luna e i falò dell'Olimpiade italiana che «ha reso felice il Paese» ha detto il presidente del Coni convinto che questa vendemmia 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi si possa ripetere. Jacobs e il tricolore in omaggio alla straordinaria partecipazione della nostra atletica, 215mila tesserati, 2800 società, piste spesso abbandonate o chiuse, nel drappello d'onore per la premiazione solenne dei maratoneti, donne e uomini, dopo l'ultimo oro dei Giochi ai pallanuotisti della Serbia vincitori sulla Grecia, vedendo finalmente sorridere gli americani per il 7° oro del basket e il terzo trionfo come allenatore della femminile di pallavolo del mito Karch Kiraly, l'uomo che ha vinto tutto da giocatore, anche in Italia a Ravenna, allenatore felice per il 3-0 alle brasiliane. Preferendo la musica tradizionale giapponese al metallico iniziale della cerimonia bisogna dire che il podio della maratona maschile ci ha detto tutto sull'armata della pace olimpica perché dietro il keniano Kipchoge, secondo oro dopo Rio, come Bikila, scalzo a Roma 60 e con scarpe a Tokyo '64, si sono piazzati due ultratrentenni somali: Elyud Nageeye che oggi rappresenta l'Olanda sul podio d'argento e Bashir Abdi bronzo per il Belgio. Così vanno le cose nel vero sport, senza differenze di razza e religione, cercando di andare più in alto come Tamberi, più veloci come Jacobs, più forti come i pugliesi dorati, stando tutti insieme se la squadra italiana dei record ha dentro campioni con radici nei 5 continenti.

Essere felici di vedere il mondo come si desidera anche fra un tampone e l'altro, applaudendo la bandiera olimpica portata da 4 atleti e due medici, fingendo di essere al passo apprezzando giovani acrobati in bicicletta. Sentendoci già coinvolti dalla festa dei francesi che dal Trocadero ringraziavano Tokyo.

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