Ringraziare Dio per non avere avuto conseguenze fatali e appendere definitivamente le scarpe al chiodo, oppure ribellarsi all'idea di archiviare mille sogni e continuare ad inseguire un pallone in altri paesi, dove i protocolli sono meno rigidi e si può giocare a calcio anche con un defibrillatore in petto? Difficile entrare nella testa tormentata di Edoardo Bove, difficile capire che cosa possa decidere un ragazzo di 22 anni nel pieno di una carriera ascendente, se pure sulla questione si dividono gli stessi specialisti, e persino in Italia un luminare come il professore Remuzzi, direttore dell'istituto Mario Negri, ritiene troppo restrittive le nostre regole («Potrebbe continuare a giocare anche qui, dobbiamo farci guidare dal buon senso»).
Ma al di là della vicenda Bove, quanto meno dai tempi del caso Eriksen ci si chiede come sia possibile che in una materia così delicata non ci sia un'interpretazione universalmente valida. Perché un giocatore che in Italia è considerato ad alto rischio, può proseguire tranquillamente la carriera in Inghilterra o in Danimarca, in Olanda o in Spagna? Possibile che non ci sia un codice di comportamento univoco almeno a livello europeo? Quando Christian Eriksen si salvò, dopo l'arresto cardiaco durante Euro 2021, e gli venne impiantato un defibrillatore, l'Inter dovette rinunciare al centrocampista, certa di non poterlo schierare nel nostro campionato, salvo poi vederlo giocare alla grande da tre anni con il Manchester United e la nazionale danese. Senza avere nessun problema. Allora Eriksen si fece forte dell'esempio di Daley Blind, difensore olandese affetto da miocardite, che continuò a giocare nel suo Ajax, e attualmente in Spagna con il Girona, con un defibrillatore in corpo, anche se l'anno precedente fece spaventare tutti crollando improvvisamente a terra in campo durante un'amichevole perché il defibrillatore si era spento.
Di fronte a questi casi, la rigidità dei protocolli italiani sembra esagerata.
Però bisognerebbe chiedere il parere al nigeriano Nwankwo Kanu, che proprio grazie al rigore della nostra medicina sportiva, quando passò dall'Ajax all'Inter nel '96, scoprì una malformazione cardiaca che gli olandesi non avevano valutato. Venne operato grazie alla generosità di Moratti e ringraziò l'Inter di avergli salvato la vita. Ma se avesse continuato a giocare all'estero?
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