Paris re di Kitzbuehel 15 anni dopo Ghedina: "Ho aperto il turbo..."

È il secondo azzurro a vincere sulla Streif: "Un sogno che inseguivo fin da bambino"

Paris re di Kitzbuehel 15 anni dopo Ghedina: "Ho aperto il turbo..."

KitzbuehelUno è in tribuna, loden verde sciarpa rossa, l'altro è sul gradino più alto del podio, orecchino e pizzetto. Si guardano, alzano il braccio e si capiscono. Va così fra Arnold Schwarzenegger e Dominik Paris, i due terminator ai piedi della Streif, uno cittadino d'adozione di Kitz, l'altro neo kaiser della discesa più pericolosa del mondo. Il testimone passa dall'ex governatore della California al forestale azzurro mentre intorno risuona la musica di Rocky "Eyes of the tiger". Del resto ci volevano anche quelli, gli occhi di tigre, per domare ieri la mitica signora, emozione numero 73 per una delle Hahnenkamm più difficili di sempre. Lo confermava sua maestà Franz Klammer : «Meno male che l'ho percorsa scivolando sui bordi», lo ribadiva Dharon Rhalves, tornato dopo 10 anni sul luogo della vittoria: «E' da giovedì che mi alleno solo per fare l'apripista». Fino a ieri era lui l'unico ad aver vinto in doppietta due classiche come Bormio e Kitz.

Ora però il suo record va in cantina perché c'è un azzurro cui l'impresa è riuscita e a distanza di solo un mese. Essere primo per chi viene dalla Val d'Ultimo è un paradosso che a Paris piace. Lui passato dalle stalle, dove lavorava “in esilio“ con 120 mucche, per ritrovarsi dopo un periodo difficile, alle stelle. Primo podio due anni fa a Chamonix in discesa, poi una manciata di top ten, fino allo scorso dicembre a Bormio, quando, in una delle gare più pazze della storia, Paris trova la prima vittoria, ex aequo con Hannes Reichelt che stavolta è terzo sul podio, completato da Eric Guay, secondo per 13 centesimi. Ma per la sua seconda vittoria, Paris cambia pelle: nessuna dichiarazione oltre le righe come in Valtellina, dove quasi gongolava dicendo di aver rischiato la pelle. Sulla Streif si fa, ma non si dice: «Dopo Mausefalle e Steilhang non ero veloce, così ho provato ad aprire il turbo. È un sogno cui pensavo fin da bimbo». Ma dalle due edizioni del trofeo Topolino vinte in gioventù, ai ferri per ricomporre tibia e perone e poi ginocchio, Dominik di saliscendi nella vita ne ha percorsi molti. In ispezione si è presentato con la sua "pantera" una compilation di trash metal «Per non sentire i consigli degli allenatori». Sarà, però le dritte che Didier Cuche gli diede lo scorso anno non le scorda più: «Ho capito come guardare le porte ed oggi mi sento più stabile sugli sci».

Chiedere per capire a Matteo Marsaglia, ieri 24°, primi punti in coppa di discesa. «Quando ho visto Dominik mettersi in posizione sulla traversa finale ho pensato che era follia, eppure si fa così». Ieri la follia di quei quasi due minuti di gara ha risparmiato un altro azzurro, Peter Fill che nel Brucken schuss ha sfiorato i cartelli pubblicitari, esibendosi in un flip all'indietro che poteva costargli ben più di un indolenzimento alla mano. A fare il punto è ancora Marsaglia: «Ero nervoso in partenza, ho pensato di guardare Peter per distrarmi e mi è venuta la nausea».

Già, l'attesa alla casetta di partenza è lunga per tutti. Eterna per Christof Innerhofer che dopo la farsa e il perdono di Canossa, ricevuto ieri, è partito per 45° col buio sulla pista. Ha chiuso 20°, felice di chiudere anche con le polemiche che invece si son spostate sullo slalom in programma oggi. Sul banco degli imputati è finita la prima tracciatura firmata da Ante Kostelic e ritenuta "insciabile".

Il grande vecchio della Croazia sarebbe stato preso a male parole da Guenther Huijara e il disegno dello slalom è stato riaffidato a Jacques Theolier, mentore dei nostri Deville, Gross, Thaler, Razzoli&Co. A Maribor intanto Tina Maze, seconda in gigante, si ferma alle spalle di Lindsey Vonn, Karbon decima. Oggi slalom anche per loro.

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