I campanelli d'allarme erano suonati e anche forti. Una società non piomba in uno stato d'insolvenza dall'oggi al domani e nel mondo del pallone se un club rischia il fallimento, come fa a iscriversi a un campionato, per di più quello di serie A? Ecco che il caso Parma diventa la cartina tornasole delle incapacità del calcio italiano: chi deve controllare o non lo fa o lo fa male, se è vero che il club emiliano già più di un anno fa poteva essere «bacchettato» per strane e folli operazioni di mercato, come la compravendita in ogni sessione di centinaia di giocatori senza alcun fine sportivo e poi dislocati in varie squadre dell'ex Jugoslavia. I media stranieri parlavano di «mercato degli schiavi», in Italia si è incensato il «meccanismo scientifico» di tali operazioni.
Ma c'è di più: qualcuno è andato a spulciare il bilancio riferito alla stagione 2012-13, scoprendo che la liquidità che avrebbe dovuto essere prodotta e usata in quella attuale sarebbe già stata utilizzata più di un anno e mezzo prima, con dettagli di alcuni anticipi di denaro già incassati tra diritti tv e campagna di trasferimento. E nonostante questo, i debiti del Parma sono comunque aumentati.
In Italia esiste un organismo della Federcalcio incaricato dei controlli, la Co.Vi.Soc. Tale organismo ha accesso a diversi documenti che attestano la situazione finanziaria del club, tra cui il progetto di bilancio o il budget su base trimestrale o ancora il trimestrale prospetto di calcolo dell'indicatore R/I (ricavi/indebitamento). Nè la Figc nè la Lega calcio hanno svolto indagini, fatto dichiarazioni o richieste di chiarimenti al club ducale sulle strane operazioni di mercato, sulle cifre del passaggio di proprietà o sulle garanzie delle persone che hanno acquisito il club.
Gli inteventi della Co.Vi.Soc., forse gli unici che può compiere (questo è il sospetto), sono stati legati all'esclusione dell'Europa League, recependo le direttive, per il mancato pagamento di 300mila euro di contributi Irpef; ai deferimenti di novembre - che hanno portato al punto di penalizzazione - e dello scorso 13 febbraio, con il rischio concreto di un -5. Il club non paga gli stipendi (a un centinaio di dipendenti) da otto mesi e ha un debito di quasi 100 milioni di euro. All'estero una situazione del genere non sarebbe tollerata: c'è l'esempio del Cluj, uno dei club più prestigiosi in Romania, penalizzato di 24 punti per un debito di 20 milioni con il fisco.
A Parma era ancora aperta la ferita del 2004 quando la squadra dei miracoli sportivi e dei grandi ingaggi costruita da Calisto Tanzi venne travolta dall'onda del crac Parmalat. L'amministrazione straordinaria di Enrico Bondi salvò il club dal fallimento e dopo tre stagioni di purgatorio, l'arrivo carico di attese di Tommaso Ghirardi, che nonostante una retrocessione riesce a risollevarsi. Ora che i soldi di Ghirardi sono finiti, quelli di Taci mai arrivati e quelli di Manenti che forse mai arriveranno, nonostante gli annunci di presunti bonifici partiti dalla Slovenia, il rischio del fallimento è più che mai reale, dopo che la Procura ha confermato la richiesta.
Il 19 marzo è la data x, ed entro quella data il Parma dovrà dimostrare di essere solvente e per dimostrarlo non potrà che pagare intanto tutti quanti i calciatori (che continuano ad allenarsi con professionalità al centro sportivo di Collecchio) e soprattutto le pendenze di carattere fiscale.
E mentre Ghirardi continua a essere vittima di insulti e minacce (l'ultimo episodio le scritte offensive sui muri esterni della sua villa di Carpenedolo) e il dg crociato Leonardi è stato ricoverato per la seconda volta a causa di un malore (era già successo il 26 gennaio scorso), la serie A si mostra per l'ennesima volta un torneo in preoccupante crisi di credibilità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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