Paura Inter, poi super Jovetic. Ma è la sfida del record triste

Sotto di un gol, la doppietta del montenegrino trascina i nerazzurri. Si sblocca Eder. E per la prima volta in A nessun italiano in campo

Paura Inter, poi super Jovetic. Ma è la sfida del record triste

Quasi in cinquantamila sugli anelli di San Siro mai così internazionale come ieri sera, due squadre senza uno straccio di paesano in campo, giacartiani e inglesi in tribuna assieme a dodici cinesi della Suning Commerce Group pronti a farsi avanti. Il più entusiasta al pareggio di Jovetic è stato proprio il loro chairman Jin Dong Zhang, si è alzato in piedi ed ha iniziato ad applaudire con una gioia contagiosa. Ripartono tutti questa sera, Thohir torna per Inter-Empoli, ultima in casa, ieri sera poteva anche finire 8-1 o 8-2, primo gol di Eder.

C'è sempre un buon motivo quando accadono certe cose, specie se accadono con una frequenza importante. Mancini ha spiegato che di questa stagione non butta via niente, tranne il problema del gol, pochi, rari, 29 meno della Roma. Se prendi pochi gol è probabile che vinci il campionato, ma se ne fai pochi è molto difficile che arrivi primo. L'Inter anche ieri sera si è ammassata ai dieci metri dall'area friulana, ci arrivava facile, Kondogbia ha trovato corridoi eterni, sgombri, poi alzava gli occhi e trovava la muraglia umana, non solo maglie bianconere ma anche amiche. Se porti la palla consenti a tutti di trovare un posto dove fare massa, rallenti il gioco, e mentre sgobbi gli altri si piazzano. L'opzione due prevede il possesso, cento, anche duecento passaggi in orizzontale, da destra a sinistra e viceversa, tutti di qui e tutti di là, intanto non guadagni un metro e nel frattempo la difesa avversaria ha sempre buon gioco.

Bene, l'Inter è maestra in queste due non fasi di calcio, non si saprebbe quale scegliere, intanto tiri in porta zero o quasi. Questo difetto se lo porta avanti dalla prima giornata con l'Atalanta. Mancini ha sempre convocato otto attaccanti, almeno dall'ingresso di Eder dopo il mercato invernale. Il Mancini 1 della sua prima esperienza all'Inter ci aveva abituato a grandi spiegamenti di attaccanti anche quattro o cinque contemporaneamente. A questa strana coincidenza, va aggiunta la costante idea del Mancio di cambiare, far ruotare la squadra e questo non aiuta a dare certezze. Se l'inserimento di Juan Jesus in fascia sinistra ha lasciato perplessi, il centellinato utilizzo di Stevan Jovetic ha tolto brillantezza a uno dei pochi attaccanti a disposizione di Mancini in grado di saltare secco l'uomo. Poco oltre il quarto d'ora del primo tempo il montenegrino ha ricevuto una palla coloratissima a cinque, sei metri dall'area avversaria, in posizione centrale e con l'avversario più vicino a distanza siderale. Accade una, forse due volte in una stagione. Jovetic invece si è come impiantato, non ha trovato il coraggio di andare a rete da solo, ha scaricato su Biabiany, gli è mancata la sicurezza, come se avesse perso autostima. Alla mezz'ora circa si è anche guadagnato una bella inaffiata di fischi e se non la mette dentro per l'1-1 è praticamente scontata a sua sostituzione.

Invece poi è uscito con una doppietta, la seconda.

Inutile fare paragoni con ciò che ha fatto l'Udinese in avanti, due stazzati come Thereau (suo il bellissimo gol del vantaggio) e Zapata sempre e solo in contropiede, figli di un atteggiamento ultraermetico, un calcio che magari ti fa portare a casa punti ma che resta demoralizzante.

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