Portabandiera? Anche no. Salviamo il soldato Sinner

Via al tormentone: Dibiasi lo propone per Parigi, Malagò frena ("serve l'oro"). Un onore che può diventare peso

Portabandiera? Anche no. Salviamo il soldato Sinner
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Jannik Sinner è uno splendido ragazzo, un atleta meraviglioso e un patrimonio nazionale. Per cui il giovane va ascoltato, l'atleta seguito, il patrimonio protetto. Avanti così rischiamo però di non adempiere al dovere collettivo principale quando si è alle prese con sportivi e campioni di valore assoluto come lui: quello, appunto, di proteggerli dalle troppe pressioni inutili, soprattutto se in salsa nazionalpopolare. Esaltarne ogni respiro, locuzione, frase, pensiero come avvenuto ultimamente può sembrare, anzi è, eccessivo; anche se certe sue riflessioni restano profonde e inaspettate tanto più se a pronunciarle è un giovane della sua età. Applaudirlo per quel che dice però non gli crea extra pressioni. Discorso diverso se, da qui ai Giochi, con Monte Carlo, Internazionali d'Italia, Roland Garros e Wimbledon ancora da affrontare, senza contare il torneo a 5 cerchi, carichiamo addosso a Sinner anche il peso di un eventuale ruolo da portabandiera. Se ne sta parlando proprio in questi giorni e ha fatto da detonatore la proposta lanciata in una intervista alla Gazzetta dello Sport da un'icona olimpica azzurra come il tre volte oro dei tuffi Klaus Dibiasi, altoatesino come Jannik e già portabandiera.

Forse preda di un entusiasmo contagioso da Sinner mania, il grande tuffatore ha però perso di vista quelli come lui: cioè gli atleti olimpionici che proprio come Dibiasi lottano, soffrono, dedicano intere vite lontano dalla ribalta per arrivare alla consacrazione olimpica. Siamo sicuri che Sinner dopo l'Open d'Australia e il numero due o uno Atp meriterebbe di fare il portabandiera ai Giochi? Siamo sicuri che lo meriterebbe più di Marcell Jacobs, l'azzurro che tre anni fa a Tokyo ci regalò una gioia che mai nessun italiano avrebbe mai osato pensare di poter vivere? Siamo sicuri che meriterebbe più di Gianmarco Tamberi che il sogno olimpico vide spezzato a pochi giorni dai Giochi di Rio, andandosi a prendere l'oro del salto in alto cinque anni dopo? O che Jannik lo meriti più di Gregorio Paltrinieri con le sue vittorie olimpiche e mondiali e una costanza che dura da quasi quindici anni in uno degli sport più logoranti in assoluto?

Per fortuna e per il momento ci ha pensato il presidente del Coni Giovanni Malagò a riportare un po' d'ordine sul tema: «Il mondo dello sport apprezza» ha detto «che ci

sia una regola non scritta che chi ha vinto un oro olimpico rappresenti il Paese. Ma non sottovalutate e dimenticate che ci sono anche i portabandiera della cerimonia di chiusura». Questione chiusa. Fino al prossimo Open.

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