Uno che si prende la soddisfazione di fare 250 in nerazzurro a cavallo di Sant'Ambrogio, può esprimere l'interismo anche con una profondità diversa. E quel che manca a Stefan De Vrij, a 33 anni da compiere il prossimo febbraio, non è certo la capacità di andare a fondo.
De Vrij, dica la verità: nemmeno voi vi aspettavate di farne 6 in casa della Lazio.
«Ci aspettavamo una prestazione importante, pur sapendo che sfidavamo su un campo difficile un avversario con entusiasmo, che gioca bene».
Anche a Roma, per lei, una prestazione positiva e una stagione anche migliore rispetto alla passata. Vive una seconda giovinezza?
«Non so fare il paragone, ma investo tanto per stare bene. Dicono che dopo i 30 sia più difficile, però io fisicamente sto molto bene».
Da ex laziale, se il suo gol non fosse stato annullato, avrebbe esultato?
«Alla Lazio ho passato anni bellissimi e ho magnifici ricordi: ho rispetto del club, ma ora cerco di fare del meglio per questi colori».
Tanti ricordi belli, ma anche tanti fischi per lei all'Olimpico. C'è amarezza?
«È sempre stato così e li accetto. Ho esperienza e sono concentrato su ciò che devo fare».
È al pianoforte che allena la concentrazione?
«Da giovane amavo l'indie rock, andavo con mio fratello ai concerti. Mi ha fatto conoscere lui Ludovico Einaudi: all'inizio gli dissi ma non cantano!. Poi mi ha preso così tanto che ho ascoltato sempre più questo genere e in lockdown ho iniziato a suonare. Oggi cerco di farlo ogni giorno».
Dopo aver suonato con Eddy Veerus l'inno Noi siamo l'Inter, si esercita anche con la musica della Champions?
«Non mi era venuta l'idea... bravo. L'inno l'abbiamo suonato insieme quando stavamo per vincere lo scudetto, lo scorso anno».
Dopo 4 stagioni alla Lazio e 7 all'Inter, cosa c'è di romano e di milanese in lei?
(pausa) «Sono riservato e tranquillo, ma quando guido sono romano, bello aggressivo. Se uno occupa la corsia di sinistra senza motivo, mi dà fastidio (ride, nda). Sono sempre molto interessato a scoprire altre culture e a Roma ho imparato a godermi la vita. Roma mi ha dato tanto, ma a Milano io e la mia famiglia stiamo benissimo. È un modo di vivere più simile a quello nordeuropeo».
Meglio non perdere un derby a Roma o vincerne uno a Milano?
«Un derby è molto importante ovunque. Ma io guardo sempre il bicchiere mezzo pieno, sono positivo, e vincere dà tanta soddisfazione».
Come è cambiato il calcio italiano negli ultimi 10 anni?
«Penso che i risultati in Europa lo dicono bene. Noi in finale, l'Atalanta vincente in Europa League. Quando le squadre fanno bene in Europa significa che sono realmente competitive. Quando sono arrivato in Italia c'era solo la Juve che dominava in campionato e andava avanti in Europa».
Al Gran Galà del calcio Thuram e Lautaro hanno detto di voler puntare ad andare in fondo sia con campionato e Champions. Per molti di voi, soprattutto in coppa, questo deve essere l'anno giusto?
«Abbiamo una rosa e un'intesa che ci fa credere di poter fare bene in ogni competizione. L'obiettivo è andare in fondo a tutto, possiamo battere chiunque. Ovviamente non sarà facile, ma abbiamo questa convinzione. E nel frattempo guardiamo partita per partita».
Le piace la nuova formula della Champions?
«La trovo molto interessante: dopo 6 partite non abbiamo ancora la certezza di essere qualificati e dobbiamo fare risultati importanti. L'anno scorso, con gli stessi punti, eravamo già tranquilli della qualificazione».
Una volta disse che era Mbappé l'attaccante più forte incontrato. Si è aggiunto qualcun altro?
«Il riferimento era a una partita con l'Olanda. Noi in 10, lui entrò fresco: ti puntava, era velocissimo. Ma ci sono tanti attaccanti difficili da marcare. Penso a Luis Suarez, cattivo su ogni palla. Poi io quelli forti li affronto tutti i giorni in allenamento e gioco con loro a San Siro».
Dove, tra poco più di un anno, ci sarà la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali. Fosse per de Vrij, San Siro o stadio nuovo per il futuro dell'Inter?
«Ogni volta che gioco a San Siro è un'esperienza bellissima, davanti a nostri tifosi. Quando vengono i miei familiari dall'Olanda o anche giocatori di altre squadre, in Champions, tutti restano suggestionati. Dall'altra parte credo nello sviluppo. Non è una domanda facile: il cuore direbbe San Siro, ma un nuovo impianto aiuterebbe a far crescere il club».
Parla da dirigente. È una strada, per il futuro?
«Ho tanti interessi, ma spero che il momento di smettere arrivi il più tardi possibile. Poi cercherò ciò che mi piace di più».
Intanto è in scadenza di contratto e si vocifera che altri club, come il Napoli, pensino a lei.
«È l'Inter che deve decidere, c'è l'opzione per un altro anno. Io sono qui sono molto felice».
Nel 2024, oltre alla seconda stella, per lei
matrimonio e primo compleanno di suo figlio Nolan. Quando tutto è perfetto, dove si cercano gli stimoli per restare in alto?«Amo ciò che faccio. Siamo fortunati, poi l'ambiente e i tifosi ti aiutano a restare ambizioso».
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