Qualche giorno fa Ambra Angiolini ha detto: «Se non avessi fatto dodici mesi di psicoterapia visto l'ultimo ex...». Il riferimento senza citarlo era probabilmente a Massimiliano Allegri. Di sicuro l'allenatore sul lettino ci ha fatto finire la Juventus. Dopo la sconfitta con il Milan, frasi in ordine sparso: «Abbiamo paura di giocare»; «Negli scontri diretti devi aver una condizione psicologica buona»; «Io pensavo fossimo usciti dal periodo negativo»; «Condizione fisica? Io credo sia psicologia».
E la ricetta vuol dire tutto e niente: «Con le buone o le cattive ne dobbiamo uscire». Più delle parole, è il linguaggio del corpo a raccontare un Allegri in balia degli eventi, se mai qualcuno si fosse illuso che Bologna e Maccabi Haifa avessero guarito i mali bianconeri. Se n'è accorto anche un suo ex giocatore, Massimo Ambrosini. Il tecnico è alle prese con una squadra che non ha ancora completato il ricambio di un ciclo finito tre stagioni fa: Alex Sandro, Bonucci e Cuadrado appartengono a una Juventus che non c'è più. McKennie e la sua condizione atletica immortalata sui social non è professionista da grande squadra, Kostic ricorda il Krasic che fu. Anche i risultati fanno fare un salto all'indietro nel tempo da brividi. Era dal 2010 che la Juventus non infilava sei trasferte di fila senza vittorie. E le prossime due sono lontano dall'Allianz Stadium. Come si dice: piove sul bagnato. Anche perché diventano decisive per il futuro dell'allenatore. Haifa contro il Maccabi e l'Olimpico di Torino in un derby di fuoco. Allegri si gioca molto se non tutto di quel che resta del credito maturato nella prima avventura sabauda. Sul banco degli imputati ci finisce l'allenatore, ma la squadra ha qualità tecnica solo sulla carta: Locatelli sbaglia di venticinque metri un'apertura elementare oppure Vlahovic non ne azzecca una fino all'assist... per Diaz.
L'involuzione tecnica va di pari passo con quella economica. Se non fosse per quello che significa, sembra di trovarsi di fronte a una distruzione autoindotta per come si è rotto un giocattolo da sogno con le proprie mani. Eppure John Elkann alla Gazzetta alla vigilia del Gp di Monza e Andrea Agnelli nella lettera agli azionisti dispensano l'ottimismo di tornare a vincere già quest'anno, quello del centenario della famiglia alla guida del club. Non è di certo il campo a infondere questa fiducia smisurata. E adesso si farà ancora più di conto per decidere le sorti dell'allenatore.
Sul piatto si metterà l'eventuale danno dalla mancata qualificazione in Champions e il sacrificio contabile per sostenere l'esonero di un allenatore da sette milioni di euro (più due di bonus) a stagione. L'ideale per mettere una toppa al problema sarebbe vincere in Israele e nella tana dei cugini, ugualmente disperati. Facile a dirsi, non per la Signora finita sul lettino anche per il mal di trasferta.
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