Da Pupone a Gladiatore: vent'anni con la Roma

Francesco Totti venne lanciato da Boskov nel marzo del '93. Una lunga storia tra cucchiai, record, ironia e uno scudetto

Da Pupone a Gladiatore: vent'anni con la Roma

Roma - Da Pupone a Gladiatore, dai libri di barzellette a quelli di Cicerone della sua città, dallo scudetto in un caldo pomeriggio di giugno del 2001 al titolo mondiale in Germania 5 anni dopo, da ambasciatore dell'Unicef e dalla scuola calcio per bambini diversamente abili agli spot di successo con la moglie Ilary Blasi, sposata in diretta tv con i 240mila euro dell'esclusiva destinati a un canile romano. Questo e molto altro c'è nel magico mondo di Francesco Totti che ha appena aggiunto due gemme al suo diadema calcistico: i 226 gol in serie A (e il secondo posto tra i cannonieri all-time) oltre ai 20 anni di fedeltà giallorossa dall'esordio nel massimo campionato. «Venti anni di serie A non li dimostra davvero, l'augurio è che rimanga così fresco ancora a lungo», così il ct azzurro Prandelli che gli ha riaperto le porte della Nazionale. Un rapporto, quello con l'azzurro, vissuto ad amore intermittente: appena 9 gol in 58 partite, ma il cucchiaio all'Olanda nel 2000 è uno scapigliato inno alla gioia e la freddezza nel rigore con l'Australia del 2006 pone le fondamenta per mettere le mani sulla Coppa. La storia infinita del numero 10 della Roma - se non fosse stato per il fratello Riccardo sarebbe finito alla Lazio come aveva scelto mamma Fiorella... - inizia il 28 marzo 1993: il predestinato sedicenne Francesco, che 24 ore prima aveva segnato un gol decisivo in una partita della Primavera, viene lanciato nel massimo campionato da Vujadin Boskov, quando a tre minuti dal 90' sostituisce Rizzitelli.

Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti del Tevere: il ragazzino imberbe, un po' sfacciato e indolente, che ha in camera il poster del suo idolo Giannini, segna il primo gol in A con «papà» Mazzone il 4 settembre 1994 al Foggia e pian piano si trasforma in un professionista con i fiocchi. Rafforza il suo fisico con il lavoro, affina le sue straordinarie doti tecniche e diventa uno dei maggiori talenti del calcio. Oltre che capitano indiscusso della «Maggica».

Da trequartista a seconda punta fino a diventare prima nel modulo di Spalletti, il suo percorso tattico si affina come il suo bagaglio umano. Tanto da capire l'importanza del web o dell'uso dell'autoironia (vedi i libri di barzellette). Colpi di tacco e cucchiai (suo marchio di fabbrica) ma anche visione di gioco, assist e soprattuto gol a raffica che dopo 20 anni lo portano a superare tutti i grandi cannonieri del campionato tranne Silvio Piola. «Smetterò quando lo raggiungerò», l'auspicio del capitano della Roma. Difficilissimo arrivare ai suoi 290 gol - servirebbe un nuovo contratto che lo porti a giocare oltre i 40 anni -, più semplice eguagliare le sue 21 stagioni nella massima serie (come Albertosi, Ferrara e Rivera), arduo arrivare a un'altra icona del football nostrano, il Maldini che nel Milan ha collezionato 25 anni in A.

Scorrendo il nastro dei ricordi, ci sono i gol memorabili (la «bomba» al Real che nel 2002 ammutolisce il Bernabeu o l'esterno al volo alla Samp nel 2006), la Scarpa d'Oro del 2007 come bomber europeo, gli sporadici raptus (lo sputo a Poulsen nell'Europeo 2004, il calcione a Balotelli nel 2010), i gesti e le magliette (il «4 zitti e a casa» in faccia allo juventino Tudor nel 2004, il «vi ho purgato ancora» in una sfida con la Lazio e il «sei unica» dedicato a Ilary) e infine due tremendi infortuni (quello del 2006

rischiò di fargli saltare il Mondiale, da allora una placca gli «ingabbia» la caviglia). Il tutto in un felice percorso da primo della classe che non ha nessuna intenzione di andare in pensione. Vallo a dire agli americani...

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