«Il Commendatore», «L'Ingegnere», «Il Mago», «Il Patriarca», «Il Grande Vecchio», «Il Drake». È lunga la lista di soprannomi che hanno accompagnato Enzo Ferrari in un'esistenza dipinta di rosso e profumata di pneumatici. Ma - nonostante su di lui siano stati scritti decine di libri - c'è un appellativo che è sempre rimasto in ombra, come una macchia d'olio per motore incrostata nell'angolo del garage: «Presunto colpevole». Addirittura di «omicidio».
No, Enzo Ferrari non è mai finito in carcere per essere stato corresponsabile di «una strage», ma per questo terribile reato fu processato. E assolto.
Un dramma vero, sconosciuto ai più, che Luca Dal Monte ha il merito di raccontare con piglio documentaristico nel libro «Ferrari, presunto colpevole» (Cairo).
Spiega l'autore: «È la vicenda poco conosciuta del processo per omicidio intentato nei confronti di uno degli italiani più famosi di sempre. Un processo che avrebbe potuto distruggere Enzo Ferrari, e cambiare così la storia (con la S maiuscola, e non solo sportiva) di questo Paese».
Seconda domenica di maggio 1957: durante la 24ª edizione della Mille Miglia, la «Rossa» guidata dal marchese spagnolo Alfonso De Portago esce fuori strada travolgendo un gruppo di spettatori che assistevano alla corsa, uccidendone nove tra cui cinque bambini; nell'incidente perdono la vita anche De Portago e il suo co-équipier, l'americano Edmund Nelson.
La gara, incredibilmente, non viene sospesa. I giornali titolano: «Vergogna, chi è il colpevole?». De Portago è morto. Serve un capro espiatorio. E chi meglio del costruttore dell'«auto killer?»: Enzo Ferrari, appunto. Che così si ritrova sul banco degli accusati in un'indagine tesa più che altro a calmare un'opinione pubblica scioccata dal dramma. A Ferrari vengono ritirati patente e passaporto, proprio come se al volante della «macchina assassina» ci fosse stato lui.
All'incriminazione per «omicidio colposo plurimo» si aggiunge l'anatema morale della Chiesa che sull'Osservatore Romano riserva all'imprenditore modenese un ritratto impietoso, definendolo un «Saturno ammodernato che divora i propri figli», dove «per figli» si sottintendono i piloti sacrificati sull'altare del dio denaro.
Le pagine scritte da Dal Monte corrono via senza mai far scendere il tachimetro
dell'attenzione. Ritmo e accelerazioni non mancano.Ultimo capitolo: «Il verdetto». Con l'imputato Enzo Ferrari «assolto per non aver commesso il fatto»: epilogo giudiziario prevedibile, ma non scontato. Siamo pur sempre in Italia...
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